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“L’avaro” di Molière: un classico del teatro secondo Arturo Cirillo, in tournée tra Cagliari e Olbia

CeDAC
Questa è la nostra Stagione
La Grande Prosa al Teatro Massimo

stagione 2013/2014

 Cirillo_Avaro

Teatro Stabile di Napoli/ Teatro Stabile delle Marche

L’Avaro
di Molière

Teatro Massimo di Cagliari/
5 > 9 marzo 2014

mercoledì 5 marzo 2014 – ore 20.30 / Turno A
giovedì 6 marzo 2014 – ore 16.30 / Turno P
giovedì 6 marzo 2014 – ore 20.30 / Turno B
venerdì 7 marzo 2014 – ore 20.30 /Turno C
sabato 8 marzo 2014 – ore 20.30 / Turno D
domenica 9 marzo 2014 – ore 19 / Turno E

Oltre la Scena: incontro con l’attore e regista Arturo Cirillo e la compagnia
venerdì 7 febbraio alle 17.30 al Cinema Odissea (viale Trieste 84) a Cagliari – INGRESSO LIBERO

Schermi e Sipari: 3 marzo h 17 – 9 marzo h 11 – film “L’avaro” al Cinema Odissea di Cagliari

IN TOURNÉE

CineTeatro Olbia di Olbia/
lunedì 10 marzo 2014 – ore 21

 

Il genio di Molière per uno spietato – e divertente – affresco di varia umanità: debutta mercoledì 5 marzo alle 20.30 – in prima regionale – al Teatro Massimo di Cagliari uno dei capolavori del grande commediografo francese, “L’avaro”, nella mise en scène del Teatro Stabile di Napoli, in coproduzione con il Teatro Stabile delle Marche, per la regia di Arturo Cirillo, uno dei più interessanti interpreti della scena italiana (e partenopea).

La commedia – incentrata su uno dei sette vizi capitali, incarnato in un personaggio emblematico, vero fulcro della vicenda con la sua ossessione per il denaro – sarà in cartellone, per la stagione 2013-14 de “La Grande Prosa al Teatro Massimo” firmata CeDAC, da mercoledì 5 marzo fino a domenica 9 marzo (tutti i giorni, da mercoledì a sabato alle 20.30 e domenica alle 19; la replica pomeridiana di giovedì 6 marzo (turno P) sarà eccezionalmente anticipata alle ore 16.30).

Protagonisti sulla scena – in una vivace e coinvolgente giostra delle passioni – insieme ad Arturo Cirillo, Michelangelo Dalisi, Monica Piseddu, Luciano Saltarelli, Antonella Romano, Salvatore Caruso, Sabrina Scuccimarra, Giuseppina Cervizzi e Rosario Giglio le scenografie son di Dario Gessati e i costumi di Gianluca Falaschi; Badar Farok firma il disegno luci e Francesco De Melis la colonna sonora.

L’avaro” proseguirà la tournée nell’Isola, sempre sotto le insegne del CeDAC (nell’ambito del XXXIV Circuito Teatrale Regionale Sardo) lunedì 10 marzo alle 21 al CineTeatro Olbia di Olbia.

INCONTRO CON GLI ARTISTI: per la rassegnaOltre la Scena – gli attori raccontano…”l’attore e regista Arturo Cirillo e la compagnia de “L’avaro” saranno protagonisti venerdì 7 marzo alle 17.30 al Cinema Odissea di Cagliari nell’ormai consueto appuntamento con il pubblico, per una conversazione informale sullo spettacolo, sul ruolo del teatro nel raccontare vizi e virtù dell’umanità e sulla modernità dei classici. INGRESSO LIBERO (fino a esaurimento posti)

Tra cinema e teatro:per “Schermi e Sipari/ La grande prosa al Cinema Odissea” un nuovo, duplice appuntamento –DOMANI (lunedì 3 marzo) alle 17 e domenica 9 marzo alle 11 (in matinée) – al Cinema Odissea in viale Trieste 84 a Cagliari con la versione cinematografica de “L’avaro” interpretata da Alberto Sordi, con la regia di Tonino Cervi.

COMUNICATO del 02.03.2014

Fascino e attualità dei classici con “L’avaro” di Molière, nella mise en scène firmata da Arturo Cirillo, uno tra i più brillanti e apprezzati talenti della scena italiana contemporanea, in cartellone per la stagione 2013-14 de “La Grande Prosa al Teatro Massimo” di Cagliari da mercoledì 5 marzo alle 20.30 fino a domenica 9 marzo (tutti i giorni – da mercoledì a sabato – alle 20.30 e domenica alle 19, mentre la recita pomeridiana di giovedì 6 marzo (turno P) sarà eccezionalmente anticipata alle ore 16.30). La pièce – intrigante rilettura dell’immortale capolavoro del commediografo francese – approderà poi lunedì 10 marzo alle 21 (invece dell’11 marzo, come precedentemente annunciato) al Cine Teatro Olbia di Olbia, sempre sotto le insegne del CeDAC, per la stagione 2013-14, nell’ambito del XXXIV Circuito Teatrale Regionale Sardo.

Nel cast dello spettacolo – prodotto dal Teatro Stabile di Napoli e dal Teatro Stabile delle Marche – oltre allo stesso Arturo Cirillo, Michelangelo Dalisi, Monica Piseddu, Luciano Saltarelli e Antonella Romano, Salvatore Caruso, Sabrina Scuccimarra, Giuseppina Cervizzi e Rosario Giglio; le scenografie sono di Dario Gessati e i costumi di Gianluca Falaschi; Badar Farok firma il disegno luci e Francesco De Melis la colonna sonora.

Nell’ironico e crudele affresco della società disegnato da Molière spicca la figura del protagonista, Arpagone, ossessionato dal pensiero del suo denaro, che egli ama quanto e forse più di un figlio, tanto che la sola ipotesi di un furto lo getta nello sgomento e nel terrore, con la visione di una perdita irreparabile. Se la preziosa cassetta in cui è custodito il suo tesoro è la sua prima preoccupazione, il morboso attaccamento ai soldi non gli impedisce di progettare matrimoni: per sé questo plutocrate d’altri tempi sceglie una giovane sposa, Mariana, avvenente ma senza dote; mentre – incurante dei loro desideri – promette la mano della figlia Elisa (innamorata del valletto Valerio) a un ricco marchese e destina il figlio Cleante (a sua volta invaghito di Mariana) ad una vedova con un buon patrimonio.

L’interesse economico insomma è il vero motore delle sue azioni, ma proprio quell’inclinazione all’avarizia che è il suo punto debole, nonché il lato fondamentale del suo carattere, rischierà di farlo precipitare nella follia, facendogli smarrire ragione e decoro, e costringendolo infine a piegarsi al fato e a tener finalmente conto della propria età e condizione rinunciando a vani sogni d’amore. Incarnazione di uno dei sette vizi capitali, Arpagone è anche ferocemente avvinghiato alla vita e alla giovinezza, tanto da divenire simbolicamente rivale del proprio figlio: la sua idea fissa – custodire, preservare e aumentare il suo capitale – lo priva della lucidità necessaria ad affrontare la realtà del mondo, lo trasforma in un bambino capriccioso, del tutto incapace di dare ascolto ad altri, e perfino di seguire la voce del sangue.

Perfetto egocentrico, ignaro e insensibile ai sentimenti altrui, quest’uomo che si immagina sereno e appagato, pronto ad afferrare una nuova chance di felicità convolando a nuove nozze (ossia comprando una moglie) per consolarsi della lunga vedovanza, vive invece una pericolosa inquietudine, costantemente preda dell’ansia e della paura; è un personaggio grottesco, un padre autoritario ma non autorevole, disposto a usare il suo potere sui figli per piegarli ai propri fini. La vecchiaia, come insegna la commedia antica (e confermano le cronache recenti) se non volge in saggezza, cade nel suo contrario e “l’avaro” per eccellenza, povero di affetti e pieno di sé fa mostra di tutta l’umana fragilità: patetico innamorato di una fanciulla che lo sposerebbe solo per il suo denaro, Arpagone cede davanti all’evidenza solo quando viene colpito al cuore, metaforicamente, da un misterioso ladro. Il suo dolore è finalmente autentico e così lo spavento per le sorti della cassetta sparita: l’iperbole comica si consuma intorno al dramma di un uomo ridicolo, la cui reazione sproporzionata al caso suscita ilarità, sul fondo amaro di una tragedia intima e personale, di una sofferenza irragionevole quanto reale.

Ispirata all’“Aulularia” di Plauto, la commedia di Molière offre un vivido ritratto corale di varia umanità, mettendo in luce con un perfetto meccanismo teatrale moventi chiari e occulti, aspirazioni e impulsi da cui scaturiscono i comportamenti umani, in un’avvincente giostra delle passioni. La trama – costruita intorno ad Arpagone e al suo tesoro – si complica nel fragile equilibrio degli affetti, in cui la devozione filiale si scontra con l’infantilismo e la superficialità paterna; e tutto il microcosmo che ruota intorno all’avaro è contagiato dall’interesse personale, ciascuno reagisce in base alle proprie inclinazioni, tra l’angoscia del presente e ai timori (e i desideri) per il proprio futuro. La libertà dei singoli personaggi è condizionata, oltre che da regole e convenzioni sociali, dalle relazioni e dalla gerarchia dei poteri: nel suo ruolo di pater familias, il vecchio ma non saggio avaro si fa arbitro del destino inseguendo il guadagno; ma il suo materialismo, invece che segnale di solidità e concretezza, è sintomo di egoismo. Egli sembra voler andare contro corrente, disposto perfino a sfidare la morale sposando in seconde nozze una donna molto più giovane, ma è la vita stessa, con la forza delle sue norme inderogabili, a ridurlo a più miti consigli, insegnandogli ad accettarsi qual è e a ripensare la sua scala di valori. La metamorfosi – se vera presa di coscienza o no, lo dirà il tempo – produce un vuoto, un vortice in cui verranno trasportate le esistenze di tutti i personaggi, già parte di quel mondo: servi e padroni, aristocratici o meno, dovranno confrontarsi con se stessi e finalmente provare a spiegarsi e comprendersi davvero, senza più alibi e maschere.

INCONTRO CON GLI ARTISTI: l’attore e regista Arturo Cirillo e la compagnia de “L’avaro” saranno protagonisti venerdì 7 marzo alle 17.30 al Cinema Odissea di Cagliari dell’incontro con il pubblico, nell’ambito della rassegna Oltre la Scena – gli attori raccontano…”per una conversazione informale sullo spettacolo, sul ruolo del teatro nel raccontare vizi e virtù dell’umanità e sulla modernità dei classici. INGRESSO LIBERO (fino a esaurimento posti)

Tra cinema e teatro:per “Schermi e Sipari/ La grande prosa al Cinema Odissea” un nuovo, duplice appuntamento – DOMANI (lunedì 3 marzo) alle 17 e domenica 9 marzo alle 11 (in matinée) – al Cinema Odissea in viale Trieste 84 a Cagliari con la versione cinematografica de “L’avaro” interpretata da Alberto Sordi, con la regia di Tonino Cervi.

INFO & BIGLIETTI

CAGLIARI/ Teatro Massimo

Biglietti

Serali 

primo settore: intero € 30  – ridotto  € 24
secondo settore: intero  € 25  –  ridotto € 19
loggione: intero  € 15  – ridotto  € 10

 

Pomeridiane

Biglietto unico:   intero  € 16   – ridotto  € 12

Biglietteria: cell. +39 345.4894565 – biglietteria@cedacsardegna.it –

info cedac@cedacsardegna.it – www.cedacsardegna.it

OLBIA/ CineTeatro Olbia

Biglietti

intero €15 – ridotto €13

info: tel: 0789 28773

per l’Ufficio Stampa del CeDAC/ Sardegna:
Anna Brotzu – cell. 328.6923069 – cedac.uffstampa@gmail.com

SCHEDA DELLO SPETTACOLO

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Teatro Stabile di Napoli/ Teatro Stabile delle Marche

L’Avaro

di Molière

traduzione di Cesare Garboli

con Arturo Cirillo, Michelangelo Dalisi, Monica Piseddu, Luciano Saltarelli, Antonella Romano, Salvatore Caruso, Sabrina Scuccimarra, Giuseppina Cervizzi, Rosario Giglio

scene Dario Gessati

costumi Gianluca Falaschi

luci Badar Farok

musiche Francesco De Melis

regia Arturo Cirillo

Note di regia

L’avaro è Arpagone, ma gli altri, cosa sono gli altri? Quale spazio è concesso all’alterità in questa casa corridoio dove tutto è ansiosamente osservato dal suo padre padrone? Tre sono i figli di Arpagone: Cleante, Elisa e la cassetta, ma solo l’ultima è stata “partorita” da lui stesso. Gli altri sono i figli di una madre morta, figli nemici vissuti come sottrattori di giovinezza ed amore, ancor prima che di denari.

Mariana, la ragazza che si fa comprare dal vecchio avaro, per intermediazione della ruffiana Frosina, è forse l’ultimo anelito di vitalità, la battaglia finale per dare scacco matto al mondo e alle leggi della natura. Pornografia senile in cui “l’eretto” deve essere solo lui, gli altri li si lascia prigionieri dei loro ruoli, costretti a fare la commedia, mentre lui allude e depista. Solo i servi, non prendendolo sul serio, potrebbero farlo fuori, e non è casuale che sia l’anarchico Saetta a rubargli la cassetta, ma essi però sono pur sempre servi. Insomma gli altri senza Arpagone non si sa bene di cosa possano parlare, di cosa occuparsi. È come l’abitudine, secondo la definizione di Samuel Beckett: il collare che tiene legato il cane al suo vomito. Tutti lo schifano, ma tutti ne sono legati, quasi al guinzaglio, e alla fine, quando l’operetta delle agnizioni li scioglie dal legame, loro, finalmente liberi dove andranno? I vari figli, commissario, ruffiana, futura sposa, cuoco e cocchiere, vecchio nobile napoletano, domestico travestito, di cosa riempiranno ora le loro giornate senza più questo sottrattore di vita? Adesso gli toccherà viverla la vita, diventando Arpagoni loro stessi o magari liberandosi del cappio dell’avere, del possedere, di quello che è oggi il nostro esistere.

Arturo Cirillo

L’autore

Molière (al secolo Jean-Baptiste Poquelin) – Commediografo (Parigi 1622 – ivi 1673).

Assunse il nome d’arte di Molière dopo essersi dato al teatro.

Studiò a Parigi nel collegio di Clermont (oggi liceo Louis-le-Grand), retto dai gesuiti; fece in seguito, almeno pro forma, gli studî di diritto e seguì con ogni probabilità le lezioni del filosofo Gassendi. Legatosi alla famiglia Béjart, in cui brillava la giovane Madeleine con la quale M. strinse intima amicizia, nel 1643 costituì una compagnia comica sotto il nome di “Illustre Théâtre”: l’esito dell’impresa fu mediocre; due anni dopo M. era per due volte imprigionato per debiti allo Châtelet.

Liberato per l’intervento del padre, si recò con Madeleine a recitare in provincia, entrando in contatto a Lione con le compagnie italiane che recitavano la commedia dell’arte. In quel periodo M. scrisse molte farse, quasi per intero perdute, e due commedie, su modelli italiani, L’étourdi (derivato dall’Inavvertito di M. Barbieri, detto Beltrame) e Le dépit amoureaux. Nel 1658, tornato a Parigi con la sua compagnia, per la quale aveva ottenuto la protezione del fratello di Luigi XIV, fu bene accolto dal pubblico, e rappresentò una commedia nuova, Les précieuses ridicules (1659), vivace satira mondana e letteraria. Seguirono Sganarelle, ou Le cocu imaginaire (1660), una commedia eroica che non ebbe successo, Dom Garcie de Navarre ou Le prince jaloux (1661) e, lo stesso anno, L’école des maris e Les fâcheux.

Nel 1662, anno in cui sposò la ventenne Armande Béjart, sorella minore o forse figlia di Madeleine (i nemici di M. non esitarono a parlare di matrimonio incestuoso), portò sulle scene L’école des femmes che è veramente il suo primo capolavoro, e suscitò, insieme con gli applausi, un’ondata di critiche, libelli, parodie, cui replicò (1663) con la Critique de l’école des femmes e con l’Impromptu de Versailles. Ormai l’attività di M., come attore e poeta, si svolgeva sotto l’egida del Re Sole, che gli dimostrò apertamente la sua benevolenza e la sua approvazione. Nel 1664 la corte applaudì due “comédies-ballets” composte da M. e, per la parte musicale, da G. B. Lulli, per ordine del re: Le mariage forcé, rappresentato a Parigi, e La princesse d’Élide. Quest’ultima fu eseguita a Versailles, nell’ambito dei festeggiamenti “Les plaisirs de l’île enchantée”, affidati a M. e alla sua compagnia. In quell’occasione appare una commedia nuova, designata nelle relazioni del tempo come Tartuffe o l’Hypocrite: la satira che M. rivolgeva contro i falsi devoti destò vive opposizioni e la commedia non ebbe via libera se non nel 1669.

Frattanto Molière aveva fatto rappresentare due commedie, Dom Juan ou le festin de pierre (1665) e Le misanthrope (1666), un’altra comédie-ballet, L’amour médicin (1665) e la farsa Le médecin malgré lui (1666). Col Tartuffe e il Misanthrope M. crea l’alta commedia di carattere e tocca il vertice della sua arte; il Dom Juan, di un’andatura brusca, disuguale, talora persino sconnessa, ci lascia del protagonista un’immagine statuaria, che s’accompagnò poi sempre alla fortuna di quella leggenda. In seguito, prodigò la sua maestria in un teatro brillante, fantastico, sviluppando la rappresentazione mitologica e la comédie-ballet, che riuscivano assai gradite al re, e nelle quali sembrava egli stesso cercare una distrazione: Mélicerte, comédie pastorale héroïque e Le Sicilien ou l’amour peintre (1666-67), l’elegante e spiritoso Amphitryon (1668). George Dandin (1668) è una farsa in cui i tipi comici risultano incisi crudamente. L’Avare (1668), intessuto su uno dei personaggi più fortunati della commedia classica, è scolpito con un rilievo possente e doloroso.

E sono di nuovo comédies-ballets: Monsieur de Pourceaugnac (1669), parodia della piccola nobiltà provinciale, Les amants magnifiques (1670). Le bourgeois gentilhomme (1670), cui diede occasione un’ambasciata orientale alla corte di Luigi XIV, delinea, in una delle più felici creazioni di Molière, il ritratto di un mercante arricchito, di fondo bonario, ma tutto acceso di vanità. La “tragédie-ballet” Psyché, verseggiata per gran parte da Corneille, si avvicina per il canto e le musiche, per la varietà, la ricchezza delle scene e degli apparati, al nuovo teatro d’opera verso il quale già si orientava il gusto del pubblico. La salute di M., che era afflitto da un male incurabile, veniva peggiorando: egli non rallentò le sue fatiche di capocomico, di commediante e di autore: diede ancora alle scene le vivacissime Fourberies de Scapin (1671), un abbozzo di commedia, La comtesse d’Escarbagnas (1671), un nuovo capolavoro, Les femmes savantes (1672), poi l’ultima comédie-ballet, Le malade imaginaire (1673): morì poche ore dopo aver recitato, in questa commedia, la parte di Argan, alla quarta rappresentazione.

Molière ha l’innata capacità di discernere nella realtà umana le zone più varie e più precise dell’illusione comica; così nel groviglio dell’azione più agitata e confusa, come negli intimi riflessi di una passione o di una mania, l’occhio, l’intuizione di M. giungono fino all’estremo limite, alle venature più lievi e delicate in cui possono insinuarsi il riso e la beffa. Dapprima egli colse i gruppi di persone comiche, abbozzate con brio fra i lazzi della commedia italiana, e si compiacque del gioco delle scene, delle stesse volgarità della farsa, della tradizione delle maschere, che gli consentiva, su una psicologia sommaria ed elementare, di trarre in piena luce le situazioni comiche più intense e colorite. Nelle Précieuses ridicules si avverte qualcosa di nuovo, che sta, più che nel proposito di satira letteraria e mondana, in un primo tentativo di penetrare nei caratteri comici, determinati da una contraddizione interiore, da una finzione di vanità, da un errore iniziale, e talora inconsapevole, nell’immagine che ciascuno si crea di sé stesso. I contrasti intimi trovano il loro campo naturale e prediletto nei casi d’amore, negli errori sentimentali o viziosi, nelle brame e nelle gelosie. Il dominio di quello spirito comico è assoluto, implacabile; il distacco dai personaggi che si dibattono, si urtano, si congiungono e si tradiscono, è completo: e quella schiera di figurine ridicole è così nitida, perché lo sguardo che le contempla non è velato da nessun proposito di guidarle a un suo fine, da nessun risentimento che le accusi o le difenda.

Il regista

Arturo Cirillo (Castellammare di Stabia, 5 luglio 1968) è un attore e regista teatrale italiano.

Arturo Cirillo si è avvicinato al teatro attraverso lo studio della danza, sia classica che contemporanea. Si diploma, come attore, all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma nel 1992.

Come attore ha lavorato con Massimo Castri (La disputa di Marivaux), Pierpaolo Sepe (Mamma: piccole tragedie minimali di Annibale Ruccello e Agonia di un decennio di M.Puig), Davide Iodice (Empedocle da Friedrich Hölderlin, Uscita d’emergenza di Manlio Santanelli, Nella solitudine dei campi di cotone di Bernard-Marie Koltès), Annalisa Bianco e Virgilio Liberti (Cave Canem da Michel de Ghelderode), Tito Piscitelli (Libertà a Brema di Rainer Werner Fassbinder), Massimiliano Civica (Ai fantoccini meccanici da Anonimo elisabettiano). Ma è con Carlo Cecchi, nella cui compagnia resterà dal 1993 al 2000, che svolgerà la sua maggiore attività come attore (Leonce e Lena di Georg Büchner, La locandiera di Carlo Goldoni, Finale di partita di Samuel Beckett, Amleto di William Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, Misura per misura di Shakespeare, Le nozze di Čechov, Sik Sik l’artefice magico di Eduardo De Filippo).

Successivamente si dedica anche alla regia teatrale, collaborando negli anni stabilmente con molti attori, quali Monica Piseddu, Sabrina Scuccimarra, Rosario Giglio, Salvatore Caruso, creando gradualmente una compagnia.

Negli anni ha ricevuto vari premi: Lo Straniero nel 1996, Coppola-Prati nel 1998, Associazione Nazionale Critici di Teatro nel 2004, Premio Ubu miglior regia nel 2004, Ubu migliore attore non protagonista nel 2006, Hystrio nel 2007, Vittorio Mezzogiorno nel 2009, Associazione Nazionale Critici di Teatro nel 2010.

Nel cinema, come attore, ha lavorato con Mario Martone (Morte di un matematico napoletano), Wilma Labate (La mia generazione), Silvio Soldini (Le acrobate), Tonino De Bernardi (Appassionate), Francesco Suriano (Il pugile e la ballerina). In televisione con Sandro Bolchi (Assunta Spina) e Mario Martone (trasposizione televisiva di Finale di partita).