Archivio stagione 2013/2014
Paolo Bonacelli è Argante ne “il malato immaginario” di Molière
Debutta in prima regionale martedì 11 e mercoledì 12 marzo alle 21 al Nuovo Teatro Comunale di Sassari “Il malato immaginario” di Molière nell’allestimento del Teatro Stabile di Bolzano con un protagonista del calibro di Paolo Bonacelli accanto a Patrizia Milani e Carlo Simoni, per un intrigante viaggio nei labirinti della mente e del cuore umano con la cifra ironica e graffiante della commedia. La tournée dello spettacolo – sotto le insegne del CeDAC per la Stagione di Prosa 2013-14 (nell’ambito del XXXIV Circuito Teatrale Regionale Sardo) proseguirà giovedì 13 marzo alle 21 al Teatro Eliseo di Nuoro e venerdì 14 marzo sempre alle 21 al Teatro Costantino di Macomer, per concludersi sabato 15 marzo alle 21 al Teatro del Carmine di Tempio Pausania.
La tragedia di Argante, nella sua follia ipocondriaca che lo induce a mettersi nelle mani di presunti luminari della medicina, senza ascoltare i saggi consigli di chi gli vuol bene, sembra riflettersi nella biografia dell’autore e si rivela in toni grotteschi, dove la fede cieca nella scienza si traduce in un martirio del corpo, tra purghe salassi, per guarire da un male incurabile che esiste solo nella sua testa, o che forse in fondo è la vita stessa. L’affascinante (e fedifraga) moglie e la figlia affezionata e ubbidiente, insieme alla fida governante, compongono l’insolito triangolo femminile in un ritratto di famiglia sui generis, al cui interno le dinamiche comportamentali e gli affetti si evolvono in un sottile gioco di equilibri e contrasti tra arguzia e mitezza, malizia e bontà. Tra l’incessante via vai di medici (e notai) affiorano verità nascoste e imbarazzanti, e pure l’ammirazione e la tenerezza del “malato” per la bella e tanto più giovane sposa si vena di malinconia, mentre l’egoismo dell’uomo si conferma con la comica scelta di un genero che curi lui – invece di curarsi della sposa come se tutto l’universo ruotasse ancora intorno alle questioni della sua salute.
Il finale rimette ordine tra gli affetti, ristabilendo le antiche priorità, con una nota beffarda che alle critiche sull’imperizia e avidità di certi cosiddetti “medici” aggiunge l’amara verità che in fondo ciascuno rimane uguale a se stesso e nulla è più difficile che rinunciare alle proprie paure.