da W. Shakespeare 

Traduzione, regia, drammaturgia Valentino Mannias

Musiche originali e sound design Luca Spanu

Con Valentino Mannias e Luca Spanu

produzione Bluemotion

♦ Meana Sardo, Teatro San Bartolomeo – 6 dicembre ore 21

♦ Macomer, Teatro Costantino – 10 dicembre ore 20.30

♦ Alghero, Teatro Civico – 11 dicembre ore 21

♦ Sanluri, Teatro Akinu Congia – 13 dicembre ore 20.30

 

Un attore nel suo camerino fa memoria della tragedia shakespeariana. Dopo il “chi è di scena”, però, accade qualcosa di strano: luci, rumori, marionetta e burattini sembrano gradualmente prendere vita come sotto l’influsso di uno spettro. Insieme ad un musicista che suona i cristalli, l’interprete scivola così nelle vesti del principe di Danimarca, che rivive la sua storia riprendendone coscienza con la propria morte:

«Absent thee from felicity awhile,/ And in this harsh world draw thy breath in pain/ To tell my story.
(Rinuncia per un po’ alla beatitudine/ E in questo mondo odioso tu sospira/ Per recitare ancora la mia storia)».

NOTA MUSICALE
Il suono, talvolta organizzato in musica, funge da attore che interpreta l’invisibile, l’aldilà, la dimensione
occulta, e nell’ombra agisce in modo diretto sulla scena e sul pubblico. Mentre il liuto trasporta l’orecchio
verso un contesto rinascimentale, il “cristallofono” (“glass harp”, “musical glasses”, o “ghost fiddle”) seduce con un suono ipnotico intriso di mistero, considerato causa di follia nel ‘700.

NOTA DI COLORE
Portare il viola in teatro è come vestire a lutto. Richiama il colore della Quaresima, periodo nel quale, nel
Medioevo, gli attori non si potevano esibire. Ancora oggi è una tradizione molto sentita, al pari del rituale
“merda merda merda” prima degli spettacoli. Se vestire a lutto in un giorno di festa suscita lo scandalo, come fa Amleto al matrimonio di sua madre con suo zio per ricordare la morte del padre assassinato, vestire di viola in scena ricorda la morte del teatro alle sue nozze infauste con l’intrattenimento di nicchia. Il conflitto scaturito dalla rottura di forma e consuetudini, avvicina così il pubblico a una corte cinquecentesca da Il libro del Cortegiano, in un gioco che permette all’interprete di sentirsi di casa ad Elsinore.