Un viaggio tra le storie, vere e inventate, di autrici provenienti da varie regioni del mondo questo è Lingua Madre Duemilaventitré. Racconti di donne non più straniere in Italia, preziosa antologia a cura di Daniela Finocchi (Edizioni SEB27) presentata il 2 dicembre alle 17 nel Foyer del Teatro Massimo di Cagliari per un nuovo appuntamento sotto le insegne di Legger_ezza 2023 / Promozione della Lettura – V edizione. 

Voci femminili che narrano di tragedie e di guerre, di paura e fame, amarezza e disperazione, di ingiustizie e discriminazioni ma anche di speranze e di rinascita, così come di accoglienza e integrazione, della possibilità di sopravvivere all’orrore e al dolore, per riuscire, con coraggio e perfino con allegria, a reinventarsi una vita. Un affresco corale della società contemporanea, multiculturale e multietnica che acquista un duplice valore simbolico nel recupero della memoria e dell’identità attraverso la scrittura e l’uso di una lingua, spesso sconosciuta, in cui le autrici trovano finalmente le parole per dare forma ai pensieri e alle emozioni, per esprimersi e per comunicare, riuscendo così a inserirsi e sentirsi “a casa” anche nella loro nuova patria, terra d’approdo e d’elezione dopo tante faticose peripezie.

Una raccolta di testimonianze e di novelle da cui affiorano i ricordi personali e familiari, la cultura e le tradizioni, gli usi e i costumi, gli echi di una lingua perduta e ritrovata, insieme alla spensieratezza dell’infanzia e alle ferite dell’anima, alla fine dell’innocenza: Lingua Madre Duemilaventitré esprime fin nel sottotitolo un auspicio che è già (quasi) realtà, nel sottolineare il sentimento di appartenenza ma anche l’accettazione, senza pregiudizi e ingiustificati timori, e la solidarietà verso coloro che giungono da altre regioni del pianeta.

Protagoniste dell’incontro,  coordinato da Marco Zurru – professore associato di Sociologia Economica presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Cagliari – due delle autrici: Amal Oursana (originaria del Marocco) che ha ottenuto il Premio della Giuria Popolare con Fatna e Rahhal e Açelya Yönaç (nata in Turchia), terza classificata alla XVIII edizione del Concorso letterario nazionale Lingua Madre” con C’era una volta, Anatolia.

Ecco così, rispettivamente, il ritratto di una coppia emigrata in Italia, attraverso il lungo e difficile processo di integrazione, con le preoccupazioni per i figli e per il futuro, e la trama delicata e struggente intorno ai ricordi e ai sogni di una sposa bambina, tra i colori, i suoni e i paesaggi della sua terra, madre e matrigna.

Nei loro racconti emerge la ricchezza di sfaccettature che caratterizza l’antologia, in cui si accostano stili e registri differenti, storie spesso drammatiche ma trasfigurate a volte in una chiave onirica o fantastica, venata di lirismo. Un’opera corale che è anche una fotografia dell’Italia di oggi: in una civiltà globale le storie delle donne e degli uomini che abitano sui cinque continenti in qualche modo appartengono e toccano le corde del cuore di ciascuno, in base alla sensibilità e al grado di empatia; e porsi nella dimensione dell’ascolto e del rispetto – seppure immersi in un continuo e confuso flusso di informazioni discordanti come nella realtà “virtuale”, tra incitamenti all’odio – permette di rompere il muro del silenzio e dell’indifferenza e di riscoprire la propria umanità.

Una pluralità di voci per descrivere la complessità del presente. Uno sguardo femminile per indagare contesti differenti, un materiale narrativo eterogeneo, che riflette la personalità e il vissuto delle singole autrici: «chi si affida alla genealogia femminile, chi va in cerca di un’identità autentica, chi aspira al riscatto nella scuola, nel lavoro o nella libertà del proprio corpo», si legge nell’inroduzione. Tra le righe non mancano i rimandi all’attualità, all’atrocità delle guerre e alla ferocia dei regimi totalitari, con le parole delle donne dell’Europa dell’Est e le testimonianze dall’Iran e da vari paesi in cui i diritti civili vengono ignorati e calpestati. Una riflessione sulle migrazioni contemporanee come sul ruolo delle donne e sulla condizione femminile nella società, un’opportunità per capovolgere la prospettiva e provare a immedesimarsi nell’altro da sé, per rispecchiarsi nella percezione che stranieri e profughi hanno della civiltà occidentale, tra miraggi di ricchezza e desiderio di giustizia e libertà. Nelle storie raccontate, le autrici rivelano una parte di sé, del proprio passato, della propria educazione come della ribellione e delle aspirazioni per il futuro, in una sorta di ideale “sorellanza” ed «è come se ognuna di esse, a distanza di chilometri, riconoscendosi nei modi e nelle sensibilità comuni, tenesse insieme un’altra mappa del mondo».

A journey through the true and invented stories of authors from various regions of the world this is Lingua Madre Duemilaventitré. Tales of women no longer foreign in Italy, precious anthology edited by Daniela Finocchi (Editions SEB27) presented on 2 December at 17 in the Foyer of the Teatro Massimo in Cagliari for a new appointment under the banner of Legger_ezza 2023 / Promozione della Lettura – V edition. 

Female voices that tell of tragedies and wars, of fear and hunger, bitterness and despair, of injustice and discrimination but also of hope and rebirth, as well as of acceptance and integration, of the possibility of surviving horror and pain, to succeed, with courage and even joy, in reinventing a life. A choral fresco of contemporary, multicultural and multi-ethnic society that acquires a double symbolic value in the recovery of memory and identity through the writing and use of a language, often unknown, in which the authors finally find the words to give shape to thoughts and emotions, to express themselves and to communicate, thus managing to fit in and feel “at home” even in their new homeland, land of landing and election after so many difficult adventures.

A collection of testimonies and stories from which emerge personal and family memories, culture and traditions, customs and customs, echoes of a lost and rediscovered language, along with the carefree childhood and wounds of the soul, at the end of innocence: Lingua Madre Duemilaventitré expresses in the subtitle a wish that is already (almost) reality, in underlining the feeling of belonging but also acceptance, without prejudices and unjustified fears, and solidarity towards those who come from other regions of the planet.

Protagonists of the meeting, coordinated by Marco Zurru – associate professor of Economic Sociology at the Department of Political and Social Sciences of the University of Cagliari – two of the authors: Amal Oursana (originally from Morocco) who won the People’s Jury Prize with Fatna and Rahhal and Açelya Yönaç (born in Turkey), third place at the 18th edition of the National Mother Tongue Literary Competition” with Once Upon a Time, Anatolia.

Here is, respectively, the portrait of a couple emigrated to Italy, through the long and difficult process of integration, with concerns for the children and the future, and the delicate and poignant plot around the memories and dreams of a child bride, between the colors, sounds and landscapes of his land, mother and stepmother.

In their stories emerges the richness of facets that characterize the anthology, in which they approach different styles and registers, often dramatic stories but sometimes transfigured in a dreamlike or fantastic, vein of lyricism. A choral work that is also a photograph of Italy today: in a global civilization the stories of women and men living on the five continents somehow belong and touch the strings of each heart, based on sensitivity and the degree of empathy; and be placed in the dimension of listening and respect – even if immersed in a continuous and confused flow of discordant information as in “virtual” reality, between incitements to hatred – allows you to break the wall of silence and indifference and rediscover your humanity.

A plurality of voices to describe the complexity of the present. A feminine look to investigate different contexts, a heterogeneous narrative material, which reflects the personality and experience of the individual authors: «Who relies on female genealogy, who goes in search of an authentic identity, who aspires to redemption in school, in work or in the freedom of his body», we read in the production. Between the lines there are references to current events, to the atrocity of wars and to the ferocity of totalitarian regimes, with the words of the women of Eastern Europe and the testimonies from Iran and various countries where civil rights are ignored and trampled on. A reflection on contemporary migrations as well as on the role of women and the situation of women in society, an opportunity to turn the perspective upside down and try to empathize with the other by themselves, to reflect in the perception that foreigners and refugees have of Western civilization, between mirages of wealth and desire for justice and freedom. In the stories told, the authors reveal a part of themselves, their past, their education as rebellion and aspirations for the future, in a sort of ideal “sisterhood” and «it is as if each of them, at a distance of kilometers, recognizing each other in the common ways and sensibilities, held together another map of the world».