progetto e regia Franco Branciaroli

 

con

Franco Branciaroli

 

scena Margherita Palli

luci Gigi Saccomandi

costumi Caterina Lucchiari

musiche Daniele D’Angelo

foto di scena Gian Mario Bandiera

 

Teatro de Gli Incamminati

 

Don Chisciotte è un enorme trattato sull’imitazione: così come lui imita i cavalieri, io imito i cavalieri della scena”. Con questa premessa Franco Branciaroli, dopo l’originale edizione di Finale di partita in cui il protagonista parlava con la voce del doppiatore italiano dell’ispettore Clouseau, introduce al suo nuovo spettacolo tratto dal testo di Miguel de Cervantes. Branciaroli sarà infatti impegnato nel doppio ruolo di Don Chisciotte e Sancho Panza, cui darà, imitandole, le voci di Vittorio Gassman e Carmelo Bene. D’altro canto era desiderio dichiarato di Gassman realizzare il capolavoro di Cervantes, e lo stesso Bene, che lo aveva interpretato una volta, avrebbe voluto rifarlo con Eduardo: “Li immagino nell’aldilà – spiega Branciaroli – dove finalmente realizzano il sogno di mettere in scena il libro più d’avanguardia che ci sia, quello che ha aperto le porte dell’era moderna: il Don Chisciotte. Li faccio parlare e così, accanto ai personaggi, riprenderanno vita anche i loro dialoghi, i loro battibecchi, il loro immaginario, i loro personalissimi vezzi speculativi”. E il vagabondare verbale, divertente e commovente insieme, dei due mattatori ripercorrerà, in un clima di visionarietà che facilmente può far prendere per giganti dei mulini a vento, alcune delle scene più celebri del grande romanzo picaresco del siglo de oro spagnolo, dando loro nel contempo l’occasione di sfidarsi ancora su nuove “audaci imprese”, come a lungo fecero sui palcoscenici nazionali. Così ritroveremo anche le atmosfere di un teatro che non c’è più e che lo stesso Branciaroli, che con Bene ha recitato ai suoi esordi, ha preso per la coda: “Erano due avversari irriducibili – continua l’attore-regista – ma al fondo due artisti che si stimavano e forse, come Chisciotte e Sancho Panza, rappresentano un solo modo di pensare il mondo visto da due lati opposti”. Divertimento con un pizzico di nostalgia è la temperatura emotiva dello spettacolo, cui si aggiunge un continuo rispecchiarsi di finzione e realtà che invita alla riflessione sulla creazione artistica e sul teatro in sé; idea, questa, cui si ispirano le scene disegnate da Margherita Palli e illuminate da Gigi Saccomandi. Il finale? Non è una vera fine, cosa che sarebbe pertinente solo con il mondo dell’aldiquà: mentre nel tempo eterno i nostri due mattatori, e idealmente Branciaroli con loro, possono ripetere all’infinito, variandola e reinventandola, la rappresentazione.

“Il Don Chisciotte di Cervantes con le sue 1000 pagine e quasi altrettanti episodi è pressoché irrappresentabile a teatro. Così ho pensato di non “fare” Chisciotte, ma di “fare quel che lui fa”, ovvero imitare. Ecco perché nella messa in scena del capolavoro di Cervantes do a Chisciotte la “maschera vocale” di Vittorio Gassman e a Sancho Panza quella di Carmelo Bene, due grandi cavalieri della nostra scena: voci diventate mitiche, nobilmente manieristiche e che vivono nel nostro immaginario anche sottoforma di partitura sonora. C’è da un lato l’idea di portare all’estremo le potenzialità della voce, elemento fondamentale del teatro ad occidente, dall’altro quello di nascondere i miei mezzi vocali come se facessi di me un “Don Chisciotte” del teatro italiano, rendendo omaggio a un “Gran Teatro” che non c’è più e a cui ugualmente io ho sempre guardato. Ma è vero anche, lo dirà uno dei personaggi in scena, che si imita per dichiarare ciò che si è preso in prestito. È un gesto di umiltà ma anche un richiamo alla nostra situazione storica: quella di un’epoca in crisi, che non ha niente di nuovo da dire, niente da fare che non siano varianti o sapienti arrangiamenti del già accaduto e del già detto.”

Franco Branciaroli