di Molière

con

Manuela Kustermann, Giovanni Sartor, Roberta Caronia

Massimo Fedele, Alberto Caramel, Luna Romani,Gloria Pomardi

 

musiche Wolfgang Amadeus Mozart

dipinti Stefano di Stasio

movimenti scenici Gloria Pomardi

costumi Paola Gandolfi

luci Valerio Geroldi

organizzazione Enzo Toto

ufficio stampa Cristina D’Aquanno

organizzazione amministrativa Marco Ciuti

regia

Alberto Di Stasio

 

Teatro Vascello – Teatro Stabile d’Innovazione

 

Si ignora l’anno, il secolo, il luogo in cui nacque la leggenda di Don Giovanni.

Non esiste una notizia certa che possa rivelarne l’origine; c’è chi crede (ad esempio Kierkegaard, nel suo saggio L’erotico nella musica) che l’idea del personaggio appartenga al cristianesimo, e, attraverso di esso, al medioevo. Quanto alla sua origine, al luogo, s’impone che esso sia la Spagna. Ma ecco proprio uno studioso spagnolo, il Maranon, allontanare l’idea che Don Giovanni sia un prototipo spagnolo e tanto meno andaluso. Egli sarebbe, piuttosto, un prodotto di società decadenti che aveva già portato in giro il suo cinismo nel declino di altre civiltà, quando la Spagna era ancora un embrione di popolo, senza struttura nazionale. Infine c’è anche chi ha visto calare Don Giovanni (proprio lui, uno dei personaggi più mediterranei che si conoscano) dal gelo e dalle nebbie del Nord.

Molière ne fa un capolavoro assoluto; il testo raggela la figura del burlador de Sevilla, esaltandone l’ipocrisia come mezzo eccellente e infallibile per raggiungere lo scopo. Quella polemica sociale, contro la morale, la virtù e l’onore che si pretende invincibile, qui si dichiara con irruenza, come se Don Giovanni fosse il rivoluzionario denunciatore d’una verità abilmente nascosta sotto la devozione, ed egli si divertisse a trasformare, come un meccanismo, quella verità in una vivente dimostrazione. Il libertino Don Giovanni, dunque, spense del tutto il fuoco e la giovanile baldanza del suo antenato spagnolo: si raggelò in una luce livida e quasi satanica. La nostra scrittura drammaturgica accerchia lo spettatore in tre misure di interpretazione: la musica mozartiana di rara bellezza, pungolo buffo/tragico che scuote l’approssimazione apollinea del personaggio per rovesciarlo in un turbine dionisiaco come soltanto un musicista come Mozart poteva immaginare; i quadri di Stefano Di Stasio e i costumi di Paola Gandolfi, inoltrati in una modernità propria dei grandi truffatori, di un realismo impensabile e anacronistico. La vera e propria scrittura di scena si modella ai fondamenti d’un teatro di forti emozioni fisiche e psichiche, dove nulla accade se non evocato e nulla si evoca se non vissuto. Uno spettacolo che speriamo di alta intensità teatrale, voluto per scuotere le coscienze degli spettatori illuminandoli sulla decadenza erotico-corporale del nostro vivere civile.