/ Archivio stagione 2010/2011

Fuochi – Le donne nel mito

di Rita Atzeri e Iaia Forte

con Iaia Forte e Rita Atzeri

 

musiche Sandra Zoccolan

regia Serena Sinigaglia

 

Il Crogiuolo

 

PRIMA NAZIONALE

La potenza dirompente dell’amore e della passione totalizzante si intrecciano con la natura poliedrica del genere femminile, che rivive nelle eroine dell’antica mitologia.

Il passato forgia il presente in una commistione attualizzata della condizione della donna che ieri, nella famiglia patriarcale, come oggi, continua a sopportare il peso di un conflitto sociale mai risolto.

Nel recital Fuochi le due straordinarie interpreti, Iaia Forte e Rita Atzeri, prestano la voce e il corpo a Medea, Penelope, Semele, Agave, Cassandra, Clitennestra, Antigone, Persefone ed Elena. Fanno rivivere le icone femminili raccontate sapientemente da Eschilo, Sofocle, Euripide, Omero, Esiodo e sviscerano in tutte le declinazioni i ruoli di madre, figlia, moglie e segreta amante.

Le sfaccettature dell’anima, la lacerante nostalgia per un fuoco amoroso che mai si consuma, la profonda sofferenza scaturita da un gesto inconsulto ed incontenibile come quello di Agave, madre di Penteo e figlia di Cadmo che posseduta da Dioniso, il Dio che distrugge e libera la gioia folle, non riconosce il figlio, lo scambia per un leone montano e lo fa a pezzi.

La follia del raptus, così come le angosce del tradimento, l’amarezza della solitudine, la paura del rifiuto, le intemperanze della gelosia, vengono calate in una dimensione contemporanea.

Le brevi prose liriche, come delle schegge, frammenti di vita vissuta, ricomprendono tutte le donne che meritano di essere ricordate per l’esempio, anche se brutale e terribile, che hanno offerto.

Una metafora della memoria per assaporare tra passato e presente la magia dei sentimenti che, incuranti del tempo, ripropongono immutati turbamenti ed affanni.

In un violento turbinio di sensualità, scorrono rapidi i temi universali che accomunano il genere umano e invitano lo spettatore a comprendere il valore del mito e il senso della nostra realtà.

 

NOTE DI REGIA

“Un classico – diceva Italo Calvino- non può esserti indifferente e ti serve per definire te stesso in rapporto o magari in contrasto con esso.” Riflettere sulla donna e sulla sua poliedrica natura attraverso una libera carrellata di miti classici è lo scopo di questo recital. Attraverso le voci e i corpi di due attrici di valore quali Rita Atzeri e Iaia Forte attraverseremo gioie e dolori di grandi figure femminili: Medea, Penelope, Semele, Agave, Cassandra, Clitennestra, Antigone, Andromaca, Persefone, Elena. La donna è madre, figlia e moglie, a volte amante,ma questo per ovvie ragioni in segreto, in una continua disperata e coraggiosa ricerca di essere persona e non funzione. Questa eterna tensione tra ciò che la società patriarcale prevede per la figura femminile e ciò che al contrario dovrebbe essere inalienabile per ogni essere umano, indipendentemente dalle definizioni di genere, è tutt’ora irrisolta. Certo, molto si è fatto per emancipare la donna dalle catene dei ruoli ma molto ancora c’è da fare (basta dare un’occhiata alla composizione del nostro parlamento o al numero dei manager delle grandi aziende e alle loro retribuzioni, giusto per fare qualche esempio). I miti verranno affrontati attraverso le voci autorevoli che ci li hanno raccontati: Eschilo, Sofocle, Euripide, Omero, Esiodo.

A fare da collante ai miti antichi ci saranno riferimenti o per meglio dire schegge di frammenti presenti, storie di donne che vivono oggi o hanno vissuto nel proprio passato condizioni affini a quelle dei miti che si vanno raccontando. Donne famose o conosciute di cui leggiamo o abbiamo molto letto e visto ma anche donne di cui si sa poco o nulla, il cui esempio merita di essere ricordato in questa sede. Attraverso la relazione concreta tra mito antico e fatti presenti si potrà comprendere in maniera più immediata e diretta il valore stesso del mito che si va raccontando e quale senso può avere oggi per capire meglio la nostra realtà.

Prendiamo Agave. Agave è madre di Penteo e figlia di Cadmo. Dioniso, il Dio che scioglie, che distrugge, che libera la gioia sfrenata e folle, la fa impazzire e la manda insieme alle altre donne di Tebe a celebrare i suoi riti, rigorosamente per sole donne, le quali sono le uniche ad avere accesso alle energie più potenti e misteriose della natura. Poi, per vendetta nei confronti di Penteo, tiranno razionalista e nemico del disordine dionisiaco, instilla in lui una nuova follia e lo manda dalle donne travestito da donna. La madre, posseduta dal Dio, non lo riconosce e, insieme alle altre, credendolo un leone montano, lo fa a pezzi (in una delle pagine più pulp della tradizione classica). A questo punto Agave torna in città fiera della preda catturata con la “sola forza delle nostre palme”. Al vecchio padre Cadmo spetta l’arduo compito di riportarla alla ragione e renderla consapevole del gesto tragico a cui il suo raptus omicida l’ha portata: uccidere il figlio. In questo gesto Euripide vedeva l’intero suicidio di una civiltà, quella ateniese. Baccanti infatti è l’ultimo testo della classicità e sancisce la fine di Atene. Ma nelle parole del messaggero “ …Allora il figlio, Penteo, prese a dire alla madre: Madre, sono tuo figlio, sono Penteo, madre, sono tuo figlio, madre, non uccidere tuo figlio per le sue colpe, madreee…lei aveva la bava alla bocca, roteava le pupille, era fuori di sé, posseduta dal Dio, non lo ascoltò. Gli afferra il braccio sinistro e puntellandosi sul fianco del figlio gli strappa le tenere carni…” come non vedere, in queste terribili parole, dicevo, il folle gesto di madri che uccidono il proprio figlio nei fatti di cronaca che spesso affollano i nostri giornali e le nostre tv. In un raptus di follia è racchiuso il mistero della vita e della morte. Agave è la Franzoni, Agave è la madre che distrugge il figlio che ha creato in un gesto violento e paradossale di rifiuto e annientamento. Dunque il mito di ieri per guardare con occhi diversi ai fatti di oggi, perché conoscere è sempre mettere in concreta relazione due o più oggetti d’analisi, e solo ciò che ci riguarda personalmente ci tocca veramente.

Serena Sinigaglia