Archivio stagione 2014/2015
“GAP/ rovinarsi è un gioco” in tournée per la Stagione di Teatro Ragazzi del CeDAC
CeDAC
XXXV Circuito Teatrale Regionale Sardo
GIU’ LA MASCHERA!
Stagione di Teatro Ragazzi 2014-15
Teatro del Segno
GAP/ rovinarsi è un gioco
Progetto “Rovinarsi è un Gioco”/ Sardegna 2014-2015
giovedì 26 febbraio – ore 11 – PALAU CineTeatro Montiggia
venerdì 27 febbraio – ore 11 – TEMPIO PAUSANIA/ Teatro del Carmine
COMUNICATO del 25.02.2015
S’intitola “GAP/ rovinarsi è un gioco” lo spettacolo del Teatro del Segno in cartellone giovedì 26 febbraio alle 11 al CineTeatro Montiggia di Palau e venerdì 27 febbraio sempre alle 11 al Teatro del Carmine di Tempio Pausania – sotto le insegne del CeDAC, nell’ambito della Stagione di Teatro Ragazzi, per un duplice appuntamento con il Progetto “Rovinarsi è un Gioco”/ Sardegna 2014-2015.
Le due matinées dedicate agli studenti prevedono infatti, oltre alla mise en scène della pièce teatrale scritta, diretta e interpretata da Stefano Ledda, ispirata alla storia “vera” di un giocatore di videopoker, anche un incontro-dibattito sulla fascinazione pericolosa del gioco d’azzardo, quel sottile brivido del rischio che si trasforma per alcuni – troppi – in una forma di dipendenza psicologica.
Riflettori puntati quindi su “GAP” (acronimo di “gioco d’azzardo patologico”): lo spettacolo racconta la drammatica vicenda di un uomo prigioniero del demone del gioco, ipnotizzato dai baluginii e tintinnii delle slot machines, tanto da dimenticare i propri sogni e le proprie ambizioni, trascurare gli affetti, e il lavoro, fino a perdere tutto. Una storia per certi versi emblematica, simile a tante altre, in cui il protagonista, sedotto dal miraggio di una possibile vincita, precipita in una spirale in cui tutto perde di significato e l’unico punto fermo resta la “necessità” di continuare a giocare.
“GAP” è il fulcro del Progetto “Rovinarsi è un Gioco”/ Sardegna 2014-2015 promosso dal Teatro del Segno con l’obiettivo di informare e sensibilizzare – soprattutto i più giovani – sui problemi che si celano dietro un semplice e apparentemente “innocuo” passatempo, dall’inclinazione di certuni, favorita dalle difficoltà e dalla crisi economica, a fare del gioco una vera e propria mania ossessivo-compulsiva, all’indubbia facilità di accesso anche per bambini e adolescenti e il moltiplicarsi delle forme di gioco tecnologico. Il CeDAC promuove e sostiene il progetto, inserito tra le proposte della Stagione di Teatro Ragazzi; e con le due date di Palau e Tempio “Rovinarsi è un Gioco”/ Sardegna 2014-2015 approda in Gallura, con la preziosa collaborazione della ASL di Olbia: agli incontri con gli studenti parteciperanno anche il dottor Salvatore Carai – responsabile del Servizio Dipendenze e il dottor Adriano Floris del SER.D di Olbia.
La potenza espressiva e la capacità evocativa del linguaggio teatrale mettono gli spettatori di fronte alla realtà dolorosa di un giocatore la cui vita è ormai “esplosa” per effetto della passione per il videopoker: il desiderio, o meglio il bisogno compulsivo, di giocare lo spingono a ingannare e tradire la fiducia di chi gli sta vicino, a mentire a se stesso e agli altri, ormai disposto a tutto pur di procurarsi i soldi che gli permetteranno di “rifarsi” delle perdite.
La tragedia privata di un personaggio riassume la condizione drammatica delle vittime del “gioco d’azzardo patologico”, una patologia ossessivo compulsiva che rientra tra le “dipendenze non da sostanze” in cura presso i SER.D d’Italia e della Sardegna: una malattia sempre più diffusa, tanto da essere diventata una nuova emergenza sociale. Una speciale fragilità caratterizza la “percentuale difettosa”, coloro per i quali basta iniziare a giocare per precipitare nella spirale della dipendenza; ma condizioni esterne come l’attuale crisi economica, la disoccupazione, la mancanza di prospettive induce una parte sempre più vasta della popolazione a cercare nel gioco d’azzardo – dal Bingo al Gratta e Vinci, dal videopoker al più classico Enalotto e al SuperEnalotto, ai tornei di poker online – una possibilità di riscatto. Il miraggio della ricchezza, di una vincita che cambia la vita, è entrato a far parte dell’immaginario, e condiziona le scelte e le aspettative di persone diversissime per età, cultura e condizione sociale: dai pensionati ai ragazzini delle medie, dagli impiegati ai professionisti affermati, dagli operai e gli artigiani ai dirigenti pubblici, dai disoccupati alle casalinghe.
Un affare da milioni di euro – una vera e propria industria – che permette ai gestori lauti guadagni ma che brucia troppo spesso le magre risorse di chi riesce a stento a sbarcare il lunario, e finisce con l’indebitarsi per comprare l’illusione di un futuro migliore. Il dibattito è aperto – tra le campagne No Slot portate avanti dalle associazioni e dagli enti locali e la protesta dei gestori di piccoli esercizi che traggono una fetta consistente dei loro guadagni dalle slot machines. Una questione delicata e attuale, in cui i numeri in crescita forniti dai SER.D e dalle associazioni di autoaiuto, e gli outing di personaggi pubblici come Marco Baldini fanno da controcanto alle réclames che invitano a “vincere facile” (pur con le avvertenze obbligatorie sui rischi connessi al gioco d’azzardo, e i possibili effetti collaterali).
Lo spettacolo “GAP” e il progetto “Rovinarsi è un Gioco”/ Sardegna 2014-2015 mostrano uno spaccato della realtà presente: tra archetipi letterari e cinematografici – da “Il Giocatore” di Dostoevskij a innumerevoli film, da “Montecarlo” di Lubitsch a “Casinò” di Scorsese e “Regalo di Natale” di Avati – la psicologia degli amanti dell’azzardo è stata più volte indagata, ma manca una reale consapevolezza di quel che accade nella realtà di ogni giorno, di quel popolo invisibile di giocatori che trascorrono ore davanti a una slot machine o allo schermo di un computer, che comprano speranzosi montagne di Gratta e Vinci o sperperano la pensione o il sussidio di disoccupazione per inseguire un miraggio. Vite che ci sfiorano, tragedie silenziose – troppo spesso dimenticate – che si possono prevenire e impedire grazie all’informazione: sapere è potere, e conoscere i pericoli permette di meglio difendersi, e comprendere chi suo malgrado sia diventato vittima del “gioco d’azzardo patologico”.
CONTATTI: per l’Ufficio Stampa del CeDAC/ Sardegna:
Anna Brotzu – cell. 328.6923069 – cedac.uffstampa@gmail.com
INFO & PRENOTAZIONI
Palau – Stagione di Teatro Ragazzi:
INFO: cell. 3317607446 – cedacpalau@tiscali.it
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Tempio Pausania – Stagione di Teatro Ragazzi:
INFO:tel. 079 671580 – 079 630377 – infogiovani.tempio@tiscali.it – www.cedacsardegna.it
F teatrodelcarminetempio
SCHEDA DELLO SPETTACOLO
Teatro del Segno
G.A.P.
rovinarsi è un gioco
di e con Stefano Ledda
Lo spettacolo nasce dall’intenzione di mettere una lente di ingrandimento sul fenomeno del gioco d’azzardo tecnologico, mostrando come il “passatempo innocuo” del videopoker può diventare con facilità dipendenza patologica “sulla pelle della percentuale difettosa”.
La pièce prende corpo attraversando un lungo periodo di documentazione e nove mesi di interviste. È dunque una storia reale fatta di nomi, mogli, posti di lavoro, figli, amicizie, quella che si svolge davanti al pubblico in una scena scarna fatta di segni brevi ed essenziali.
Segni che non lusingano la poesia, ma si impongono come snodi freddi e reali di una storia-vita, che “accadendo” sul palcoscenico racconta la claustrofobia ciclica della dipendenza.
Note di regia
Esploso, questo è quello che diceva l’intervista sul giornale. “Ad un certo punto sono esploso e tutto non era più dove l’avevo lasciato.”
Esploso. Proprio questo credo sia il modo più efficace per raccontare la storia di un giocatore compulsivo di videopoker. Raccontarla esplodendone gli episodi, le bugie, le emozioni ed insieme a questi cercare di raccontare anche gli oltraggi subiti, non certo dalla “dea bendata”, che non abita tra i microchip di una “poker machine” e che comunque la dentro non potrebbe nulla, ma da chi lucra approfittando della sua debolezza e da chi fa finta di non vederlo mentre si rovina, perché è troppo stupido, e dunque fatti suoi.
Questa esplosione avviene in una scena povera, adatta a contenere una storia frammentata e frammentaria, nella quale brandelli di giornate si inseguono ciclici in una ripetizione ossessiva inarrestabile, fatta di omissioni, bugie, compromessi, prestiti, abbandoni, violenza.
Una storia dove i dati di una realtà allarmante, sono riservati ad una razionalità separata, come le parole complicate di una conferenza scientifica, che resta composta, astratta dal caos di una quotidianità ferita dell’umiliazione della dipendenza.
“Ed è umiliante perché ti rendi conto di sbagliare, ma non riesci, non puoi fermarti. Lo sai! E ti senti stupido. Ti senti colpevole, ti vergogni, ma hai perso la capacità di decidere, la forza di scegliere.”.
Una storia che non è lontana dal nostro caffè la mattina già alle otto e mezzo, mentre facciamo colazione e il pusher di illusioni e di oblio ha già aperto la cassa e sull’adsl targata terzo millennio, registra i suoi incassi, legali questa volta, che contribuiranno e rendere meno salate le lacrime e meno rosso il sangue da versare per la prossima finanziaria.
Stefano Ledda