Akròama T.L.S.
G I O R N I F E L I C I
di Samuel Beckett
regia
Lelio Lecis
con
Lea Karen Gramsdorff
Tiziano Polese
spazio scenico e costumi Marco Nateri
“Giorni Felici” rappresenta uno dei momenti più alti dell’evoluzione del teatro beckettiano. Prima ed unica opera dedicata al rapporto di coppia, porta in scena una condizione esistenziale estrema e disperata per un dramma che rispecchia molteplici aspetti della misera condizione umana.
Protagonisti Winnie e Willie alle prese con dialoghi frammentati e sospesi in una scenografia claustrofobica, sapiente metafora di un irreversibile immobilismo vitale che esclude ogni possibilità di evoluzione. La donna infatti compare immersa nel suolo fino ai fianchi, mentre l’uomo spunta da un buco nel terreno. Le loro azioni sono quindi limitate, come i dialoghi che si sviluppano su tangenti che raramente si incontrano. Winnie parla, o meglio dà voce a soliloqui a cui il marito risponde, in un gioco di contrappunto, con smorfie e monosillabi. Le loro frasi sono cocci di ricordi di una vita passata che nel futuro rappresenta la reiterazione della stessa, sempre tesa al raggiungimento di “giorni felici”. La donna si dichiara continuamente felice, dotata di tutto il “necessaire” per esserlo: ha una borsetta, la spazzola, lo specchio, lo spazzolino da denti. E un marito da tormentare. Una perfetta borghese concentrata sulla cura del corpo e impegnata in chiacchiericci da salotto. Eppure l’atmosfera che avvolge e domina il dramma è fatta di ombre e sinistri presagi.
Gli amari destini dei personaggi emergono dall’assenza di un vero dialogo per un’esistenza autistica e fallimentare. Le parole son fagocitate da se stesse in un crescendo di incomunicabilità che trasforma anche la scena. Ogni contatto fisico è impossibile e annullato, in una trappola esistenziale che non conosce via d’uscita. La vera vita risulta scarnificata e destrutturata e sprofonda con i suoi protagonisti nelle sabbie mobili della solitudine. Amara condizione resa paradossale dall’inconsapevolezza dei personaggi, fino all’ultimo impegnati in dialoghi quotidiani, leggeri e scaramantici contro la minaccia dell’assoluto nulla.