di Samuele Boncompagni
liberamente ispirato a Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes
studi e documentazioni Stefano Ferri
con Luisa Bosi, Elena Ferri
musiche di Massimo Ferri
eseguite dal vivo dai solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo
Luca Roccia Baldini – basso, cajon
Massimo Ferri – chitarra, oud, mandolino
Gianni Micheli – clarinetto, fisarmonica
Mariel Tahiraj – violino
scenografa in scena Lucia Baricci
tecnico in scena Paolo Bracciali
fonico Gabriele Berioli
regia live streaming Piefrancesco Bigazzi e Giulio Dell’Aquila (Materiali Sonori)
assistente alla regia Stefano Ferri
regia Luca Roccia Baldini
“Io so chi sono, e chi posso essere, se voglio”
Don Chisciotte, Miguel de Cervantes
“Don Chisciotte gioca una grande sfida alla realtà”
Il Genio, Harold Bloom
“La fantasia è quel posto dove ci piove dentro”
Lezioni americane, Italo Calvino
Una nuova prova per il Fantasioso nobiluomo della Mancia, cavaliere errante, disfacitore di offese, raddrizzatore di torti. Uno spettacolo teatrale sulle sue gesta, oggi ancor di più è un’impresa donchisciottesca. In un teatro vuoto, dove tutto è a vista, due attrici, quattro musicisti, una scenografa e un tecnico, errano tra le pagine del capolavoro di Cervantes provando a metterle in scena: questa è la prova. Contro quali mulini a vento si muoveranno? E i giganti? Che non siano quelli “della montagna”.
Falso, finto, sogno, realtà: forse a pancia vuota e col vento nella testa, due Dulcinee diventano Chisciotte e saltano in sella a questa mirabile storia dove, di sicuro, ci piove dentro.
Chisciotte: cavaliere singolare, plurale femminile.
Ombre, figure, oggetti, attrici, musicisti, telecamere.
Teatro, metateatro, dal vivo, in streaming, in presenza, on demand.
“Esserci o non esserci”, questo è il problema?
Annus horribilis 2020, in piena pandemia e confusione mentale.
Unica speranza trovare un’idea per sopravvivere artisticamente. Grazie all’immaginazione ci siamo riusciti ed abbiamo creato un Don Chisciotte che è sempre più attuale e sempre più sognatore. La messa in scena è allo stesso tempo semplice e complessa, così come gli argomenti trattati.
Un percorso fatto da tutta la compagnia, dall’ideazione alla creazione fino alla messa in scena. Tre piani di lettura che si incrociano, tre tecniche visive che si miscelano. Parleremo di sogni, di avventure, di speranze, di fallimenti ma anche di come il teatro possa riassumere tutto questo. Di come possa rappresentare ed essere “la Vita”.
Parleremo di “genere”, di violenza, di diritti, di donne e di riscatto. Di giustizia. Per arrivare a capire che siamo donne e uomini che vivono in un territorio da condividere, in un mondo da condividere, in una realtà da condividere. Nessuno sovrasta l’altro, tutti accolgono tutti.
Un mondo che andrà contro a chi lo vuole annientare, in cui la natura tornerà a impossessarsi del proprio spazio, un mondo dove gli ultimi hanno più importanza dei primi. Il Teatro continuerà a vivere comunque.
Annus horribilis 2021… andiamo in scena. (Luca Roccia Baldini)
Con Don Chisciotte si sono confrontati grandi artisti di ogni epoca e di ogni parte del mondo: libri, film, canzoni, opere d’arte, spettacoli di teatro e danza. Fare uno spettacolo sul Don Chisciotte di Cervantes, considerato il primo romanzo moderno e che in molti definiscono il miglior romanzo di tutti i tempi è di per sé un’impresa, appunto, donchisciottesca. Di fronte alla complessità del testo originale, si deve per forza scegliere. Così, nella mia riscrittura, Don Chisciotte diventa il “fare teatro”. I Giganti contro i quali ci troviamo a combattere in questo tempo sono mulini a vento che impediscono di incontrarci “dal vivo”, che ci tolgono gli strumenti per leggere la realtà, viviamo in una società dove finto e falso si confondono, un mondo dove spesso a un Don Chisciotte manca un Sancio Panza, e viceversa. Nel mio testo ci sono il vento, il volo, l’atto creativo di guardare il reale immaginandolo diverso, senza mai smettere di sognarlo in continua mutazione: e così, in questi tempi bui, giocare al teatro diventa un atto rivoluzionario, una lucida follia, un’azione politica prima che culturale. Per questo “ChisciottƏ” sta ad indicare sia un cavaliere singolare, che un plurale femminile, per questo l’uso della schwa “Ə” nel titolo. La drammaturgia è nata in forma di suite barocca in sei movimenti a cui si sono aggiunte due parti: una in testa, per entrare nella storia, e una in coda, per portarsi il racconto anche a casa propria finito lo spettacolo.
Il teatro è inutile, come le azioni intraprese da Don Chisciotte, per questo è giusto continuare a farlo. Mi piace che lo spettacolo debutti in occasione (quasi) del triste anniversario della chiusura dei teatri: la coincidenza sarà opera di qualche incantatore? Io sono tranquillo perché in arte siam tutti ChisciottƏ. (Samuele Boncompagni)