liberamente tratto da

Orlando di Virginia Woolf

con

Isabella Ragonese, Erika Blanc

e con

Guglielmo Favilla, Andrea Gambuzza, Claudia Gusmano,

Fabrizio Odetto, Laura Rovetti

musiche originali della

Bubbez Orchestra

eseguite dal vivo da

Giovanna Famulari violoncello

Massimo De Lorenzi chitarra

 

scene e costumi Giovanni Licheri e Alida Cappellini

regia e drammaturgia Emanuela Giordano

 

Prima di ogni altra considerazione ricordiamoci che anche nei periodi più tragici l’umanità ha bisogno di sperare

Orlando, intuizione geniale della Woolf, da eroe moderno, racchiude in se la parte maschile e quella femminile di noi tutti, perché la ricerca della felicità ci riguarda allo stesso modo e forse proprio una maggiore conoscenza dell’altro può essere la chiave che ci aprirà di nuovo le porte del ” paradiso”.

Orlando, vive quindi da uomo e da donna. Attraversa quattro secoli di passioni travolgenti e cupe delusioni, tutte legate alla percezione della vita come un’opera. Ogni individuo deve percepire la sua vita come un’opera, unica, preziosa e irripetibile. Orlando assolve a questa “ missione” come nessun altro.

E’per questo forse che il romanzo della Woolf è tuttora un caposaldo della letteratura, un libro in cui tutti, grandi e piccoli, uomini e donne, possono ritrovare una ragione di emozione, di corrispondenza, di divertimento.

Questa messa in scena mira a riportare Orlando alla sua veste naturale di Commedia, di grande, vivacissimo gioco, dove, con il pubblico e per il pubblico, si esalta l’intreccio, l’acutezza della parola, la sua musicalità, i suoi rimandi, senza trascurare le sollecitazioni visive che quattro secoli di storia ci consentono di evocare : il castello di Orlando, Costantinopoli, l’altipiano abitato dai gitani, feste , banchetti, matrimoni, partenze e addii…

I personaggi

Orlando è capace di goffaggini e ingenuità, amnesie e soprassalti adolescenziali, affidati necessariamente alla freschezza, alla spudoratezza e alla grazia sensuale e vagamente androgina di una giovane interprete.

In questa vorticosa commedia Orlando è accompagnato da :

Mrs Virginia Grimsdith, intima amica e confidente, interlocutrice privilegiata e consigliera, in cui è concentrata molta della sensibilità e della geniale ironia di Virginia Woolf che ammette di essersi molto divertita scrivendo il romanzo, quasi fosse un gioco.

E non è un caso che abbiamo scelto di dare a Mrs Grimsdith il nome di Virginia. Virginia è coprotagonista, artefice e testimone acuta dell’esistenza di Orlando, in cui riflette come in uno specchio la sua esistenza, in cui legge ciò che non è stato e ciò che ancora potrebbe essere.

Virginia non si separa mai da Judy e Faith due cameriere, l’una innocente e l’altra intraprendente e da Hill e Hall, due uomini di fatica “ tutto fare”, goffi e devoti, nevrotico l’uno, placido l’altro.

C’è poi l’Arciduca, pretendente bisessuale capace di essere donna quando Orlando è uomo e uomo quando Orlando è donna e Greene uno scrittore grasso e smargiasso, prima sfruttatore e poi benefattore. Inoltre compaiono: Marmaduk, fascinoso marito, marinaio ed aviatore e il Capo dei gitani, per un duello tra civiltà a suon di battute pungenti.
Il racconto sonoro

Dieci personaggi accompagnati da un racconto sonoro travolgente, per orchestra d’archi, che ci evoca il passare del tempo, l’emozione della sorpresa e il contraltare della delusione, ci trasporta in atmosfere romantiche e in mondi esotici, nel burlesque e nel vaudeville, fino a condurci nel primo novecento, su binari di un treno, alla scoperta della modernità e del progresso, con tutti i suoi chiaroscuri. Il “tema” di Orlando, si insinua nella forma in maggiore e in minore fino a divenire, come nell’ opera lirica, elemento riconoscibile, a cui, ci auguriamo, il pubblico si affezioni uscendo dal teatro.

La scena e i costumi

Una mossa struttura a più livelli fa da scheletro ai continui cambi di scena fatti a vista, sulla musica, dagli attori stessi, quasi giocolieri dello spazio, grazie a quinte mobili di seta cangiante che ci portano in un alcova, in una cripta, ad una tavola imbandita, in un giardino d’inverno, sui binari del treno..

I costumi rievocano le epoche con allegria, misurandosi cromaticamente con la ricchezza dei fondali . Di pura invenzione, costituiscono la vera continua sorpresa, capaci, in una sintesi di segno, di descriverci un ‘epoca e di prenderla anche in giro, per le sue vanità, costrizioni, doppiezze. Costrizioni formali che ben rappresentano ben altre e più sofferte costrizioni. Basti pensare alla crinolina ottocentesca, stecche di balena che formavano una gabbia costrittiva di sadico ingombro

L’autrice e la regia

L’autrice è figlia diretta di Shakespeare. E’ unica nel miscelare invenzione, gioco, umorismo e profondità.

Virginia dedicò Orlando a Vita Sackville West, l’amica del cuore, donna capace di percepire l’esistenza come un’ avventura meravigliosa.

Il suo nome, Vita, ha evidentemente determinato un carattere e un destino.

Virginia, grazie a Orlando, compie un viaggio fantastico, in cui il protagonista, come Ulisse, non si pone limiti al desiderio di sperimentare, di agire, di conoscere.

Tutto gli è permesso e Orlando tutto si concede, alla ricerca forse dell’impossibile, alla ricerca di una vita piena ed appagata. Quello che ci incanta e ci commuove è che in tutti i personaggi della commedia c’è il desiderio di condividere quest’avventura con altri esseri umani.

La lettura della commedia è talmente stratificata che possiamo permetterci di godere semplicemente del divertimento, del gioco, del guizzo iridescente che accompagna la trama, senza per questo rinunciare ai tanti sensi, ai miti, alle suggestioni che ci vengono suggeriti: il mito dell’immortalità, del ciclo stagionale della morte e della rinascita, del ricongiungimento nell’unità originaria dei due generi, maschile e femminile, partecipi di una stesso enigma esistenziale.

Potremmo aggiungere che forse solo una donna, per secoli precario soggetto di una vita frammentaria, dissipata nella quotidianità, eterna spettatrice, poteva immaginare una così sulfurea e fiammeggiante avventura.

E la regia si incarna quasi nel personaggio di Virginia Grimsdith, consapevole della limitatezza del nostro possibile vivere, ma non arresa, affascinata da tutto ciò che possiamo scoprire e immaginare ancora, tanto da considerare questa messa in scena come una grande, irrinunciabile occasione, un appuntamento esistenziale e professionale che assomiglia se non a un traguardo, ad una prima vera prova d’artista, al servizio della storia, della scena,dell’emozione pura.

Emanuela Giordano