Archivio stagione 2014/2015
Le Creatura a Lanusei
CeDAC
XXXV Circuito Teatrale Regionale Sardo
GIU’ LA MASCHERA!
Stagione di Prosa 2014/2015
Akròama/ Teatro Stabile d’Innovazione
La Creatura
di Lelio Lecis
liberamente tratto da Quando noi morti ci destiamo di Henrik Ibsen
giovedì 26 febbraio 2015 – ore 21 OZIERI / Teatro Civico Oriana Fallaci
venerdì 6 marzo 2015 – ore 21 LANUSEI / Teatro Tonio Dei
COMUNICATO del 04.03. 2015
Il dilemma dell’artista e l’ambiguo legame fra l’artefice e la sua opera sono al centro de “La creatura” di Akròama/ Teatro Stabile d’Innovazione: il visionario spettacolo scritto e diretto da Lelio Lecis e liberamente ispirato a “Quando noi morti ci destiamo” di Henrik Ibsen (già in cartellone giovedì 26 febbraio alle 21 al Teatro Civico Oriana Fallaci di Ozieri) sarà in scena venerdì 6 marzo sempre alle 21 al Teatro Tonio Dei di Lanusei nell’ambito del XXXV Circuito Teatrale Regionale Sardo del CeDAC, che ha come slogan un provocatorio e pirandelliano “Giù la Maschera!”.
La pièce – interpretata da Lea Karen Gramsdorff, Simeone Latini, Rosalba Piras e Tiziano Polese, con la voce fuori campo di Rosario Morra – racconta l’incontro surreale tra uno scultore all’apice della carriera e della fama e la sua antica musa ispiratrice, immortalata nell’opera celeberrima che lo ha consacrato nell’empireo dei maestri. Un viaggio tra i ricordi di una vita interamente dedicata all’arte – e al successo – e i rimpianti per tutte le rinunce e i sacrifici compiuti nell’inseguire un ideale di perfezione estetica: il successo ottenuto, la stima e il riconoscimento dei critici non bastano a coolmare, nel bilancio di un’esistenza, la perdita di un amore, la solitudine di chi guarda al mondo dall’alto di un piedistallo che lo rende irraggiungibile e quasi inumano.
“La creatura” di Lelio Lecis – come il dramma di Ibsen – affronta le diverse sfaccettature di una vita d’artista, dalla sensibilità acutissima che permette di leggere oltre il velo delle apparenze e indagare le profondità dell’anima, all’inconsapevole crudeltà di chi ruba il volto e l’immagine di un altro essere umano per tradurla in un’icona. Il protagonista – uno scultore di chiara fama – riflette sulla trionfale ascesa e le numerose conferme del suo talento, se non del suo genio, ma anche dell’amaro prezzo della sua dedizione, per sé e per gli altri: nell’ergersi al sopra dei suoi simili, egli ha inavvertitamente ferito, trascurato, dimenticato chi gli stava intorno. La folgorazione di un’idea, proiettata e trasfusa nella materia, ha oscurato per lui negli anni sentimenti e impulsi, isolandolo al di là delle apparenze, in un’algida torre d’avorio: tra le vittime della sua indifferenza, la splendida modella dalla quale aveva tratto l’immagine per il suo capolavoro. Quest’ultima – la “creatura” del titolo – riemerge dalla memoria, con il tragico peso del suo destino: respinta, seppur mai dimenticata dall’artista, che in lei non riconosceva una donna, ma l’astratta bellezza di un ideale, l’icona della donna pura, l’immagine della perfezione femminile, appare come uno dei fantasmi di un’esistenza non vissuta.
La consapevolezza di aver rinunciato a una parte di sé – alla sua stessa umanità – giunge per lo scultore come una drammatica illuminazione proprio negli ultimi giorni: alle soglie della vecchiaia, quando potrebbe assaporare il gusto del trionfo, la rassicurante certezza d’aver ottenuto il massimo riconoscimento della sua arte, l’atroce certezza di aver perduto l’occasione della felicità, di aver sacrificato l’amore sull’altare della gloria, turba la sua quiete, genera una profonda inquietudine.
Un uomo – e un artista – davanti allo specchio per un’analisi spietata dei compromessi compiuti in nome del successo: per ottenere quella fama tanto desiderata, il protagonista ha rinunciato perfino all’ideale, immolando l’arte e allontanandosi dalla verità, pur di ricevere quel plauso e quei consensi a cui ambiva, e che ora gli appaiono quanto mai inutili e vuoti simboli in una finzione di cui è stato a un tempo vittima e artefice.
“La creatura” è un affascinante percorso nei labirinti della mente del protagonista, in bilico tra passato e presente, realtà fisica e dimensione metafisica – su quel sottile confine tra la vita e la morte, la veglia e il sogno in cui presente, passato e futuro s’incontrano, e la verità assume il volto di una visione.
CONTATTI: per l’Ufficio Stampa del CeDAC/ Sardegna:
Anna Brotzu – cell. 328.6923069 – cedac.uffstampa@gmail.com
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Akròama/ Teatro Stabile d’Innovazione
La Creatura
di Lelio Lecis
liberamente tratto da Quando noi morti ci destiamo di Henrik Ibsen
con Lea Karen Gramsdorff, Simeone Latini, Rosalba Piras e Tiziano Polese
voce fuori campo Rosario Morra
spazio scenico e immagini: Lelio Lecis
costumi Marco Nateri
musiche: Amy MacDonald
regia Lelio Lecis
La creatura indaga il rapporto tra l’artista e la sua opera. La pièce è liberamente ispirata a un dramma di Henrik Ibsen, Quando noi morti ci destiamo, pubblicato nel 1899, e rappresentato per la prima volta a Stoccarda il 26 gennaio 1900. E’ l’ultima opera del drammaturgo ed è l’estrema meditazione su se stesso e sulla propria arte, attraverso il personaggio di un famoso scultore ormai anziano che scopre di aver sacrificato l’amore all’arte e l’arte stessa al successo in una catena di atti d’assoluto egoismo.
Lo scultore è diventato famoso in tutto il mondo principalmente per una sua scultura sulla resurrezione. La scultura rappresenta una giovane donna che si libra verso il cielo da un piedistallo che sembra la terra popolata da esseri umani simili a bestie.
Proprio il piedistallo sarà il motivo del suo successo. Il piedistallo quindi e non la sua opera immortale.
Il rapporto strano tra lo scultore e la modella porta quest’ultima ad una sorta di follia, che la farà fuggire in giro per il mondo finché avventure pericolose la porteranno alla morte.
Tornerà da morta per trascinare con sé lo scultore che aveva tradito il suo spirito dando più importanza al piedistallo che alla sua figura.