LE SUPPLICI
di Euripide Traduzione Maddalena Giovannelli
con Matilde Facheris, Mariangela Granelli, Maria
Pilar Pérez Aspa, Arianna Scommegna, Giorgia Senesi, Sandra Zoccolan, Debora Zuin
Cori Francesca Della Monica
regia Serena Sinigaglia
Coproduzione ATIR – Nidodiragno/CMC
Le supplici sono le sette madri degli eroi uccisi presso le porte di Tebe. Giungono ad Atene per implorare Teseo affinché recuperi i cadaveri dei vinti, dei figli uccisi, a costo di fare guerra a Tebe che non li vuole restituire.Tebe sotto la tirannide di Creonte, Atene sotto la democrazia di Teseo. Ancora una volta una stranezza: può essere la democrazia in mano ad una persona sola? Non è una contraddizione in termini? Il discorso tanto caro a Euripide, che parla di pacifismo e amore tra i popoli, di dolore e di pietà di queste madri che hanno perso i figli, di un intero paese che ha perso i propri eroi, si intreccia con un sottile ragionamento politico, capace di rendere questa tragedia un unicum per l’antichità.
Sette madri, sette attrici: Mariangela Granelli, Matilde Facheris, Maria Pilar Pérez Aspa, Arianna Scommegna, Giorgia Senesi, Sandra Zoccolan, Deborah Zuin.
Queste attrici straordinarie, a cui mi lega un lungo sodalizio artistico, interpreteranno dunque il coro delle supplici e saranno anche, di volta in volta, i diversi personaggi della tragedia: Teseo, l’araldo tebano, Etra, Adrasto, il messaggero, il coro dei bimbi, Atena. Un rito funebre che si trasforma in un rito di memoria attiva, un andare a scandagliare le ragioni politiche che hanno portato alla morte i figli e più in generale alla distruzione dei valori dell’umanesimo. Che siano le donne a compiere questo viaggio di ricostruzione e conoscenza mi è parso necessario e naturale».
SINOSSI
Nella tragedia Le Supplici, scritta da Euripide e rappresentata per la prima volta tra il 423 e il 421 a.C., un gruppo di donne di Argo, madri dei guerrieri argivi morti nel fallito assalto a Tebe (quello raccontato da Eschilo nei Sette contro Tebe), si riunisce presso l’altare di Demetra ad Eleusi per supplicare gli ateniesi di aiutarle a dare degna sepoltura ai figli, poiché i tebani negano la restituzione dei cadaveri. Il re ateniese Teseo, grazie all’intercessione della madre Etra, decide di aiutarle. Quando un araldo tebano giunge per intimare a Teseo di non intromettersi negli affari di Tebe, invano Teseo tenta di indurre l’araldo all’osservanza della propria legge che impone di onorare i morti, ingaggiando con lui un dialogo nel quale il re difende i valori di democrazia, libertà, uguaglianza di Atene, contrapposti alla tirannide di Tebe.
L’accordo non viene trovato e la guerra tra le due città è inevitabile e viene vinta da Atene, con la conseguente restituzione dei cadaveri. Il re di Argo Adrasto, che accompagna le madri, si incarica di celebrare i caduti con un discorso. Il corteo con i corpi dei capi argivi caduti entra così in scena; Adrasto recita l’elogio di ciascuno di essi, quindi si procede al rito funebre.
Per volontà di Teseo il rogo di Capaneo è allestito separatamente dagli altri, al fine di onorare diversamente l’eroe colpito dal fulgore di Zeus; Evadne, moglie di Capaneo, non regge alla commozione e, per riunirsi al marito, si getta sul rogo in fiamme. Mentre i figli dei caduti sfilano con le ceneri dei propri cari, finalmente sepolti, ex machina compare Atena, che fa impegnare con un giuramento solenne Teseo e Adrasto a un’eterna alleanza fra Atene e Argo.
In questo adattamento, tradotto ad hoc da Maddalena Giovannelli, è prevista una riduzione a sette attrici che interpreteranno le madri, il coro e i vari personaggi.
NOTE DI REGIA
«Amo i classici da sempre: con essi imparo cos’è il teatro e cos’è l’essere umano.
Con i contemporanei imparo a conoscere la realtà presente e l’epoca in cui vivo.
Insomma classico e contemporaneo si riguardano, si specchiano l’un con l’altro, si nutrono a vicenda. Come tradizione e innovazione.
Da anni voglio affrontare “Le supplici” di Euripide: adesso è arrivato il momento di farlo.
Il crollo dei valori dell’umanesimo, il prevalere della forza, dell’ambiguità più feroce, il trionfo del narcisismo e della pochezza emergono da questo testo per ritrovarsi intatti tra le pieghe dei giorni stranianti e strazianti che stiamo vivendo.
È incredibile quanto una scrittura che risale al 423 a.C. risuoni chiara e forte alle orecchie di un cittadino del terzo millennio.
La democrazia ateniese fa acqua da ogni parte, contraddice i suoi stessi valori, è populismo che finge di affermare i sacri valori della libertà. È manipolazione a tratti persino grossolana, si chiama democrazia ma assomiglia troppo ad un’oligarchia. Sembra lo strumento migliore per scansare le responsabilità e restare ad ogni costo sempre e comunque impuniti. È la legge del più forte, anche se apparentemente garantisce spazio e parola a tutti.