Archivio stagione 2013/2014
Lucrezia Lante della Rovere è l’Ignota di Luigi Pirandello – da giovedì 13 febbraio “Come tu mi vuoi” in tournée nell’Isola
CeDAC
XXXIV Circuito Teatrale Regionale Sardo
Questa è la nostra Stagione
Stagione di Prosa 2013/2014
Teatro e Società
Come tu mi vuoi
di Luigi Pirandello (libero adattamento Masolino D’Amico)
con Lucrezia Lante della Rovere
giovedì 13 febbraio 2014 – ore 21/ Cine/Teatro Olbia di Olbia
venerdì 14 febbraio 2014 – ore 21/ Teatro Civico Oriana Fallaci di Ozieri
sabato 15 febbraio 2014 – ore 21/ Teatro Comunale Nelson Mandela di Santa Teresa Gallura
domenica 16 febbraio 2014 – ore 21/ Teatro Tonio Dei di Lanusei
Lucrezia Lante della Rovere è l’Ignota di Luigi Pirandello, seducente e misteriosa femme fatale nella Berlino degli Anni Venti e (forse) anche Cia, giovane e casta sposa scomparsa nel nulla durante la grande guerra nella mise en scène di “Come tu mi vuoi” firmata Teatro e Società, con adattamento di Masolino D’Amico e regia di Francesco Zecca. Dramma moderno, incentrato sull’enigma dell’identità – l’oscuro passato della protagonista, che non mostra di avere ricordi della sua vita, ma anche l’apparizione di un’altra Cia, muta e demente – “Come tu mi vuoi” sbarca nell’Isola sotto le insegne del CeDAC per la Stagione di Prosa 2013-14: dopo la prima regionale giovedì 13 febbraio alle 21 al Cine/Teatro Olbia di Olbia, sarà venerdì 14 febbraio alle 21 al Teatro Civico Oriana Fallaci di Ozieri, sabato 15 febbraio alle 21 al Teatro Comunale Nelson Mandela di Santa Teresa Gallura e infinedomenica 16 febbraio alle 21 al Teatro Tonio Dei di Lanusei
COMUNICATO del 09.02.2014
Il dilemma dell’identità – l’essere per sé e per gli altri – s’incarna ne L’Ignota, pericolosa seduttrice o casta sposa (e forse entrambe), interpretata da Lucrezia Lante della Rovere, protagonista di “Come tu mi vuoi” di Luigi Pirandello nell’allestimento di Teatro e Società, con adattamento di Masolino D’Amico – in cartellone giovedì 13 febbraio alle 21 al Cine/Teatro Olbia di Olbia, venerdì 14 febbraio alle 21 al Teatro Civico Oriana Fallaci di Ozieri, sabato 15 febbraio alle 21 al Teatro Comunale Nelson Mandela di Santa Teresa Gallura e infine domenica 16 febbraio alle 21 al Teatro Tonio Dei di Lanusei per la Stagione di Prosa 2013-14 del CeDAC nell’ambito del XXXIV Circuito Teatrale Regionale Sardo.
In scena – con Lucrezia Lante della Rovere – Crescenza Guarnieri e Simone Colombari accanto a Raffaello Lombardi, Arcangelo Iannace,Andrea Gherpelli e Francesca Farcomeni; la regia di Francesco Zecca (le scene sono di Francesco Ghisu, i costumi di Annapaola Brancia D’Apricena; le musiche di Paolo Daniele e il disegno luci di Valerio Peroni) punta sulla «ricerca delirante dell’autenticità», che è anche un «perdersi nei tunnel oscuri della memoria», per arrivare a trovare una traccia di autenticità «tra le pieghe della follia». Spiega il regista nelle note: «L’Ignota nel suo tentativo di essere “come tu mi vuoi” prova a cercare la propria identità nella logica razionale, ma non trova nulla, perchè non riesce a fingere al suo sentire; così porta al rovesciamento del reale all’irreale facendo cadere tutti nel burrone della follia».
La pièce – scritta durante il soggiorno berlinese e dedicata a Marta Abba – è incentrata sulla figura, ambigua e misteriosa di una donna che conduce una vita libera se non dissoluta, sullo sfondo della vivacità culturale e dei piaceri trasgressivi della capitale tedesca negli Anni Venti: nulla si sa delle sue origini e del suo passato, perduti e cancellati nella catastrofe della grande guerra, e lei, creatura senza radici è ora specchio e oggetto del desiderio, simbolo di eros e perdizione. Nella femme fatale un amico e poi lo stesso marito e i familiari credono di riconoscere Cia, scomparsa dieci anni prima, dopo il passaggio delle truppe austriache e l’occupazione della sua casa poi distrutta: un’altra donna, un’altra esistenza che l’Ignota – se fosse lei – potrebbe riprendere dal punto in cui si è interrotta, abbandonando i fasti della metropoli per (ri)trovare il calore e gli affetti della famiglia.
Incuriosita e forse turbata, inaspettatamente – pur senza memoria di quella sua ipotetica vita passata – l’Ignota accetta di (ri)diventare Cia: si trasferisce in Italia e inizia la strana esperienza di ricostruire la sua storia attraverso il presente, l’amore del marito e la riconquistata fiducia dei parenti. Se ella sia – o sia davvero stata colei che si crede – è difficile, forse impossibile scoprirlo, nonostante l’infaticabile ricerca di prove e indizi che riconfermino questa versione – ma è nel presente e nel futuro che la sua personalità deve prendere forma, che la sua nuova realtà può e deve affermarsi.
Focus quindi sulla sottile ma fondamentale differenza tra l’essere e l’apparire, l’esistere per sé o per gli altri: nel ricomporre i frammenti ciascuno dei parenti, amici e conoscenti suggerisce la sua verità, racconta episodi, insiste su dettagli ovviamente contraddittori; l’indagine sull’io, sulla complessità dell’individuo e le molte sfaccettature che compongono l’identità, tema centrale nell’opera di Pirandello e nella letteratura del Novecento non propone risposte ma apre nuovi interrogativi.
La vicenda si complica – la necessità, o meglio la volontà di stabilire con certezza chi sia la “vera” Cia mette in luce le normali incongruenze del vivere, per cogliervi dei segnali comunque indecifrabili; questioni patrimoniali e pure l’apparizione di un’altra Cia, una folle, altra vittima della guerra, rimescolano ancora una volta le carte. La scelta dell’Ignota – rinunciare a essere sé per essere Cia, o restituire Cia ai suoi cari – si tinge di sfumature più ambigue, di nuovi interrogativi, rinascono dubbi e sospetti; o forse è semplicemente la routine che spegne la poesia, la banalità del quotidiano cui è difficile (ri)adattarsi e in cui gli impulsi più nobili si mescolano a questioni decisamente pratiche; o l’eterna inquietudine che accompagna il male di vivere.
“Come tu mi vuoi” svela intimi segreti e il pericolo del vuoto, l’impossibilità di distinguere nettamente tra il bene e il male, e di trovare una verità che vinca su tutti gli (auto)inganni: è un testo affascinante e modernissimo nel suo interrogarsi sulla natura umana, sulle sue fragilità e inclinazioni, sulla deriva delle passioni e sul potere della ragione. La riscrittura drammaturgica di Masolino D’Amico – come il celebre film con Greta Garbo e la recente messinscena londinese con Kristin Scott-Thomas e Bob Hoskins – condensa la vicenda, riducendo il numero dei personaggi e le scene all’essenziale, per dare risalto all’enigma e alla figura emblematica e quasi archetipica dell’Ignota chiamata a scegliere – tra due vite possibili – il suo destino.
Il successo – fin dal debutto nel febbraio 1930 al Teatro dei Filodrammatici di Milano, con la Compagnia Marta Abba – fu forse favorito dalla coincidenza, seppur non voluta, come sostenne sempre l’autore, con il clamoroso Caso Bruneri-Canella (che avrebbe ispirato anche “Lo smemorato di Collegno”) in cui la ricomparsa del professor Giulio Canella, disperso in guerra, fu poi contestata in tribunale tra colpi di scena e un controverso finale – l’uomo identificato come l’anarchico Mario Bruneri e incarcerato per impostura, era stato riconosciuto dalla moglie di Canella come suo marito; infine la coppia si trasferì in Brasile (per sottrarsi allo scandalo). Nell’Italia e nell’Europa del primo Novecento era ancora vivo, comunque, il ricordo del primo conflitto mondiale, con i suoi strascichi – dal caos degli uffici e dei documenti distrutti agli innumerevoli traumi, perdite di memoria, difficoltà di comunicazione: casi di riconoscimenti tardivi, di reduci feriti e prigionieri liberati erano tutt’altro che rari, amplificati dalla stampa e dall’emozione collettiva.
“Come tu mi vuoi” descrive un caso analogo, sia pure a parti rovesciate, e complicato, con la segreta risonanza di antiche ferite dell’anima, di terrore e possibili violenze subite, anteponendo alla questione etica e morale e al ricordo dell’incubo della guerra, la questione dell’identità come nodo complesso e forse irrisolvibile, derivante dalla capacità o meno di (ri)conoscersi per se stessi ma anche nello sguardo degli altri.
per l’Ufficio Stampa del CeDAC/ Sardegna:
Anna Brotzu – cell. 328.6923069 – cedac.uffstampa@gmail.com
INFO & PREZZI
OLBIA
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OZIERI
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Posto unico: intero €14 – ridotto €11
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SANTA TERESA GALLURA
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cedac@cedacsardegna.it – www.cedacsardegna.it
LANUSEI
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platea primi posti: intero €14 – ridotto €12
platea secondi posti: intero €12 – ridotto €9
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SCHEDA DELLO SPETTACOLO
Teatro e Società
Come tu mi vuoi
di Luigi Pirandello
libero adattamento Masolino D’Amico
con Lucrezia Lante della Rovere
e con Crescenza Guarnieri e Simone Colombari
e Raffaello Lombardi, Arcangelo Iannace, Andrea Gherpelli, Francesca Farcomeni
scene Francesco Ghisu
costumi Annapaola Brancia D’Apricena
musiche Paolo Daniele
luci Valerio Peroni
regia Francesco Zecca
Protagonista indiscussa della mise en scène di “Come tu mi vuoi” di Luigi Pirandello, nell’adattamento di Masolino D’Amico, è Lucrezia Lante Della Rovere nel ruolo dell’Ignota, che diventa, o prova a diventare, Cia.
In lei un uomo, Boffi, riconosce Lucia la moglie, scomparsa ormai dieci anni fa, di un proprietario terriero Bruno Pieri. Affascinata da quest’uomo che non ha smesso di attendere il ritorno dell’amata, Cia come veniva affettuosamente chiamata dalla famiglia, si lascia convincere a (ri)tornare in Italia, suo paese di origine, con la speranza di potersi appropriare di una nuova identità.
I parenti vogliono credere che lei sia Cia, cercano di trovare un segno particolare, che la identifichi, e poco importa se non le riconoscono le caratteristiche che aveva prima. Una tragedia che riecheggia, per la circostanza della sparizione e del ritrovamento fortuito, “Il fu Mattia Pascal”, romanzo del 1904; ispirata, però ad un fatto di cronaca dell’epoca che fece molto discutere, il caso Canera/Brunelli. Lo spettacolo è “Il gioco delle parti” perché ognuno crede quello che pensa di sapere o solo immaginare, al centro, i temi canonici di Pirandello, e più in generale, della letteratura del primo Novecento, la scomposizione dell’identità, il relativismo, l’ironia, l’inafferrabilità del reale. Una donna di cui rimane solo un corpo, pronta a calarsi in altri ruoli e vivere altre vite, accompagnata da una risata sarcastica, nevrotica.
Ma la verità è ben altra. Interessi economici che ruotano attorno alle terre e alla villa ristrutturata dal marito, insinuano in lei il dubbio che l’amore che aveva intravisto sia in realtà frutto di una necessità oggettiva nel riportare una qualunque Cia a casa.
Per lei il dubbio diventa così insostenibile. Si è fatta Cia per vivere quell’amore che le era stato promesso a Berlino, mentre ora non riesce più a comprendere la profondità o meno di questi sentimenti. Al marito ripete «Sono qua, sono tua; in me non c’è nulla, più nulla, di mio: fammi tu, come tu mi vuoi.»
Ma Cia non è una, come avviene spesso nelle commedie di Pirandello, c’è anche una donna pazza, ricoverata in un ospedale psichiatrico, che rivendica la stessa identità e che viene portata dallo scrittore dinanzi ai parenti. Il tentativo di Boffi di riportare a casa Cia fallisce, e Cia è alla fine quella che vogliono i parenti, del resto “non ci sono prove contrarie quando si vuol credere in quello che si vuol credere”. Essere è niente. Essere è farsi.
NOTE al testo di Masolino D’ Amico
Scritta per Marta Abba, Come tu mi vuoi è la sola commedia di Pirandello ambientata almeno parzialmente fuori d’Italia – il prim’atto si svolge infatti a Berlino, e nella Berlino degli ultimi anni venti, quella dei cabaret di Grosz e Kurt Weill, dove il drammaturgo soggiornò a lungo. Qui la protagonista, una donna che l’autore chiama l’Ignota, balla e intrattiene i clienti in un locale equivoco, ma in realtà è mantenuta da un ricco e vizioso scrittore che la soffoca con le sue ossessioni. L’occasione per sfuggire a costui e alle ambigue profferte delle giovane figlia di costui, anch’essa innamorata di lei, si presenta all’Ignota quando uno sconosciuto, un italiano, riconosce o crede di riconoscere nella donna la moglie di un suo amico, scomparsa dieci anni prima durante la Grande Guerra, quando le truppe austrogermaniche invasero il paesino friulano dove la coppia abitava, saccheggiando la loro casa…
Ispirata dal caso Canella-Bruneri che furoreggiava al tempo in cui la commedia fu scritta, Come tu mi vuoi ha una struttura molto compatta, composta com’è da questo antefatto torbido e misterioso – l’azione si risolve addirittura con un colpo di rivoltella – e poi da una lunga conclusione, ovvero il secondo e il terz’atto che si svolgono senza soluzione di continuità, alcuni mesi dopo, in una villa friulana. Qui si cerca di stabilire definitivamente l’identità dell’Ignota mediante una sorta di processo familiare non privo di colpi di scena. Secondo il suo solito, Pirandello lascia che le cose si chiariscano gradualmente, tenendo lo spettatore il più possibile all’oscuro di quello che veramente accade e poi da ultimo sorprendendolo con un finale ambiguo, che ribadisce l’impossibilità di raggiungere una verità che valga per tutti.
Aderendo alle consuetudini del teatro dei suoi tempi, il drammaturgo previde un coro di comprimari abbastanza ampio – le compagnie erano numerose e bisognava utilizzare tutto l’organico – ma già Hollywood, che si impossessò subito del soggetto e ne trasse un film con alcune delle maggiori star dell’epoca (Greta Garbo, Eric Von Stroheim, Melvyn Douglas) asciugò il copione riducendolo all’essenziale, non molto diversamente da come ha fatto tre o quattro anni fa Hugh Whitemore in una versione inglese che è stata recitata con gran successo nel West End di Londra da una compagnia in cui spiccavano Kristin Scott-Thomas e Bob Hoskins. Quel film e quell’adattamento, pur alquanto liberi entrambi, hanno dimostrato quanta forza ci sia dentro questo testo soprattutto se lo si sfronda di certe ripetizioni ed esitazioni nate ad uso di un pubblico meno smaliziato e più paziente di quello moderno, e se si eliminano non pochi personaggi molto minori, privi di funzioni essenziali. Così decantato, meglio ancora se recitato senz’altra cesura che quella tra il cupo antefatto nella cupa Berlino dell’Opera da tre soldi e il “processo” nella luminosa villa italiana, il dramma avvince non meno di quelli del Pirandello più inquietante.
Questa almeno è stata la meditata convinzione che mi ha guidato nel mio adattamento per otto personaggi soltanto, ciascuno dei quali ha una sua funzione determinante e ciascuno dei quali dà all’attore materia in cui affondare i denti. Niente di fondamentale ovviamente è stato omesso, e il linguaggio così caratteristico di Pirandello è stato rispettato senza alcun tentativo di attualizzazione; ma oso dire che così liberato dagli orpelli, questo linguaggio risulta ancora più incisivo che nel dettato originale. A decidere saranno comunque gli spettatori di questa pièce che non si ha spesso l’occasione di ascoltare.
Masolino d’Amico
NOTE DI REGIA di Francesco Zecca
Al centro di questa opera, come in tutte quelle di Pirandello, c’è sempre questa ricerca spasmodica dell’identità.
La ricerca della propria identità è un tema molto legato a questo periodo storico, dove la ricerca non avviene dentro, ma fuori, nel riflesso degli occhi dell’altro. Pian piano si diventa quel riflesso, che ci allontana sempre di più dal proprio sé, si diventa altro da sé, si diventa quello che gli altri hanno deciso:
“Non ci sono prove contrarie che tengono quando si vuol credere in quello che si vuol credere”.
Così parte questo gioco al massacro da parte della protagonista che è pronta ad essere “Come tu mi vuoi” ma con autenticità, con verità. Raccontare tutto questo con il teatro, dove la verità non esiste ma dove tutto deve essere estremamente autentico, per poter far risuonare lo scricchiolio dell’anima dei personaggi.
La mia lettura si fonda esattamente su questa ricerca delirante dell’autenticità, che per poterla trovare bisognerà perdersi nei tunnel oscuri della memoria.
La memoria del sentire e non quella dei fatti, delle prove.
L’Ignota nel suo tentativo di essere “come tu mi vuoi” prova a cercare la propria identità nella logica razionale, ma non trova nulla, perchè non riesce a fingere al suo sentire; così porta al rovesciamento del reale all’irreale facendo cadere tutti nel burrone della follia.
Solo tra le pieghe della follia che si riesce a sentire un lontano odore di autenticità.
Vivere della propria fantasia e non della propria storia!
Francesco Zecca