/ Archivio stagione 2016/2017

L’uomo dal fiore in bocca

Il Salto del Delfino
L’uomo dal fiore in bocca
di Luigi Pirandello

con Nicola Michele

e con la partecipazione straordinaria di Tino Petilli

scene e costumi Emilio Ortu Lieto

regia Nicola Michele

La Compagnia Il Salto del Delfino interpreta uno dei più grandi capolavori della drammaturgia italiana, “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello, avvalendosi della partecipazione straordinaria di Tino Petilli.

La regia affronta la lettura di questo testo teatrale lavorando essenzialmente sulla parola e sull’impianto visivo, proponendosi di fondere lo stile della tradizione con gli aspetti innovativi del teatro contemporaneo.

In un “misero caffè notturno” di una stazione, avviene l’incontro tra l’uomo dal fiore in bocca e il “pacifico avventore” che darà vita ad un dialogo crescente e intenso fino alla rivelazione del suo male senza scampo.

Un semplice innesto drammaturgico, come quello di un treno perso alla stazione, rende possibile lo sviluppo di un dialogo profondo che cresce d’intensità nelle pieghe della scrittura e ci pone di fronte a quesiti inevitabili sulla vita e sul rapporto tra le persone.

In scena due generazioni di attori a confronto, si alternano nella trasposizione scenica del personaggio, offrendo uno spaccato che riflette due modi d’interpretare l’esistenza umana nella sua dimensione effimera: l’una scandita dall’ansia frenetica degli impegni quotidiani e dall’inutile corsa contro il tempo, l’altra che si abbandona ad una serena riflessione sull’inevitabile.

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Una pièce contenuta in un’altra in cui viene meno il confine tra l’opera e la vita stessa: un teatro che diviene metateatro dove la scena, le atmosfere e il ritmo cambiano con l’avvicendarsi dei ruoli tra i due attori sul palcoscenico.

Uno spettacolo che rivela il gusto delle piccole cose per riagguantare la vita che sfugge, come “certe buone albicocche” – scrive Pirandello – che “si spaccano a metà; si premono con due dita, per lungo…come due labbra succhiose…Ah che delizia!”.

Un testo denso di significato che, come scrive Corrado Simioni nell’edizione Oscar Mondadori, «fa intuire sottilmente una drammaticità tanto più profonda in quanto non svelata ma solo intuibile. La tensione drammatica non riguarda tanto l’esito del dialogo quanto il suo svolgimento (…): l’uomo che sembra più attaccato alla vita è in realtà quello che ne è distaccato (…). In questa drammatica contraddizione tra rimpianto e vanità della vita è la poesia finissima di questo personaggio pirandelliano che rivela la misura umana di tanti altri suoi personaggi in apparenza più cerebrali».