Archivio stagione 2014/2015
Mandragola in tournée: la celebre commedia del Machiavelli nella versione di e con Jurij Ferrini a Tempio, Lanusei, Oristano e San Gavino
CeDAC
XXXV Circuito Teatrale Regionale Sardo
GIU’ LA MASCHERA!
Stagione di Prosa 2014/2015
Progetto URT
Mandragola
di Niccolò Machiavelli
domenica 22 febbraio 2015 – ore 21/ TEMPIO PAUSANIA Teatro del Carmine
lunedì 23 febbraio 2015 – ore 21 LANUSEI – Teatro Tonio Dei
martedì 24 febbraio 2015 – ore 21/ ORISTANO – Teatro Garau
mercoledì 25 febbraio 2015 – ore 21/ SAN GAVINO MONREALE – Teatro Comunale
Si apre il sipario sulla “Mandragola” di Niccolò Machiavelli, in tournée nell’Isola sotto le insegne del CeDAC (nell’ambito del XXXV Circuito Teatrale Regionale Sardo, con lo slogan quasi pirandelliano “Giù la Maschera!”) nella mise en scène di Progetto URT, diretta e interpretata – insieme a un’affiatata compagnia – da Jurij Ferrini, uno tra i più interessanti registi della scena italiana contemporanea, nei panni scomodi del povero Messer Nicia (l’ingenuo marito ingannato).
La divertente e maliziosa commedia, scritta dal grande intellettuale e filosofo del Rinascimento, e ancora sorprendentemente attuale, sarà in scena domenica 22 febbraio alle 21 al Teatro del Carmine di Tempio Pausania, e lunedì 23 febbraio sempre alle 21 al Teatro Tonio Dei di Lanusei; martedì 24 febbraio alle 21 al Teatro Garau di Oristano e infine mercoledì 25 febbraio sempre alle 21 al Teatro Comunale di San Gavino Monreale.
La “Mandragola” narra di una beffa crudele in cui l’arte della medicina e perfino la religione diventano strumento d’inganno per permettere a un giovane innamorato, Callimaco, di incontrare la bella e casta Lucrezia (moglie di Messer Nicia); e la pianta del titolo che, con le sue presunte virtù, dovrebbe rendere fecondo il matrimonio, è in realtà la chiave di volta dell’intrigo, con esiti imprevedibili.
Nel cast, oltre a Jurij Ferrini, (in ordine di apparizione): Igor Chierici, Matteo Alì, Michele Schiano di Cola, Angelo Maria Tronca, Claudia Benzi e Cecilia Zingaro.
COMUNICATO del 20.02.2015
Capolavoro del teatro del Cinquecento, la “Mandragola” di Niccolò Machiavelli sbarca nell’Isola sotto le insegne del CeDAC per la Stagione di Prosa 2014-15 del CeDAC (nell’ambito del XXXV Circuito Teatrale Regionale Sardo, con lo slogan demistificante, e di gusto pirandelliano “Giù la Maschera!”) nella versione di Jurij Ferrini, apprezzato attore e regista tra i più interessanti della scena contemporanea italiana, che veste anche i panni di Messer Nicia, lo sfortunato e decisamente “sciocco” dottore (in legge) vittima di un’atroce burla.
La “Mandragola” – prodotta da Progetto URT – sarà in scena domenica 22 febbraio alle 21 al Teatro del Carmine di Tempio Pausania, e lunedì 23 febbraio sempre alle 21 al Teatro Tonio Dei di Lanusei; martedì 24 febbraio alle 21 al Teatro Garau di Oristano e infine mercoledì 25 febbraio sempre alle 21 al Teatro Comunale di San Gavino Monreale.
Nella celebre e maliziosa commedia – che narra di amori infelici e caste spose, mariti sciocchi, studenti intraprendenti e frati infedeli, e di un uso quanto meno disinvolto della scienza medica e della religione – l’autore de “Il Principe” propone una feroce satira dei costumi del tempo, tra decadenza morale e crescente corruzione, un male che colpisce tutti gli strati sociali, compreso il clero – o almeno uno dei suoi meno illustri rappresentanti, il compiacente Fra’ Timoteo, che si fa complice della beffa (inevitabile la lunga censura dell’opera, durata fino alla fine dell’Ottocento).
Nel cast, oltre a Jurij Ferrini, che firma anche regia e scenografie (nel ruolo di Messer Nicia Calfucci) – in ordine di apparizione: Igor Chierici (il servo Siro), Matteo Alì (Callimaco Guadagni – lo studente innamorato), Michele Schiano di Cola (Ligurio, il parassita), Angelo Maria Tronca (Fra’ Timoteo), Claudia Benzi (Sostrata) e Cecilia Zingaro (Madonna Lucrezia); i costumi son di Nuvia Valestri, e il disegno luci di Lamberto Pirrone (la pittura scenica originale è stata realizzata da Cris Spadavecchia).
La trama è nota: invaghito della bella Lucrezia, casta sposa di tal Messer Nicia, uomo ricco e non più giovane, e terribilmente ingenuo, lo studente Callimaco cerca con ogni mezzo di giunger fino a colei per protestarle il suo amore; gli vien in aiuto il “parassita” Ligurio, insieme al servo Siro, e prende forma il malizioso piano che fa di Nicia lo strumento stesso della beffa ai suoi danni. Qual rimedio per rendere feconde le nozze, Callimaco in veste di medico propone una pozione di “mandragola”, pianta portentosa ma velenosa, così che si deve far ricorso a un terzo – che sarà poi lo stesso Callimaco, nei panni d’un garzone ubriaco – per fargli assorbire gli effetti mortali.
Messer Nicia acconsente e, tra mille rifiuti, pure la moglie – (mal) consigliata da Fra’ Timoteo e dalla sua stessa madre, Sostrata – si piega per seguire il volere del cielo e dar figli al marito; quel che accade poi risponde meglio di che non potrebbe ai disegni di Callimaco, e il finale si risolve lietamente in commedia, dove ciascuno ha quel che si merita (e che gli piace).
Storia di inganni e seduzioni, la “Mandragola” è costruita secondo un perfetto meccanismo teatrale, in cui si bilanciano tragedia e farsa, le invincibili sofferenze del cuore del giovane Callimaco e la provvidenziale astuzia di Ligurio, pronto a vendere i suoi servigi e a tradire l’antica consuetudine con il padrone di casa per favorire il nuovo pretendente; la bontà della savia Lucrezia, sposata per interesse secondo le regole del tempo ma capace di ragionar con la sua testa e l’imperdonabile ingenuità di Nicia, inconsapevole della sua fortuna e disposto, pur di aver figli, a vincer la gelosia e recar onta al talamo. Intorno figure come Sostrata, madre di Lucrezia che, desiderosa di consigliarla per il meglio, che si fa involontaria complice della burla, quindi quasi mezzana per la figlia (della quale ha del resto approvato le nozze senza amore) e Fra’ Timoteo, uomo di mondo e fin troppo avvezzo ai mali costumi del suo tempo per scandalizzarsi, e la cui vocazione più che alla preghiera è palesemente al guadagno.
Spietato affresco di una civiltà in cui la corruzione dilaga insieme all’amoralità la “Mandragola” di Machiavelli racconta con ironia feroce il malcostume di un’epoca nella quale il confine tra il bene e il male pare confondersi e l’etica e la morale lasciano il posto all’interesse. La satira dello scrittore e filosofo fiorentino non risparmia neppure il clero, e meno che mai la scienza medica, quand’essa venga impiegata per diversi e più immediati e personali fini che non la guarigione dei pazienti. Vince l’astuzia – e l’arguzia – di Callimaco e Ligurio, con l’aiuto del servo Siro e pure Lucrezia potrà prendersi una sua piccola vendetta contro lo stolto marito, che non ha avuto rispetto per lei e la sua casa; ma perfino Messer Nicia, nella sua inarrivabile ingenuità sarà contento e resterà ignaro della beffa. Spettatori e complici, Sostrata e Fra’ Timoteo assistono allo svolgersi degli eventi con la disincantata saggezza di chi conosce il mondo e le debolezze umane, e fanno la loro parte per la riuscita dell’intrigo, secondo il principio che il fine – la riuscita di un matrimonio – giustifichi i mezzi, e poco importa se la morale viene aggirata purché sian salve le apparenze.
L’attualità della “Mandragola” – oltre che nel carattere e nel comportamento dei personaggi, e nella loro attitudine di piegar le leggi morali e reinterpretarle a proprio vantaggio – appartiene alla cronaca; il diffondersi dei test del DNA svela un dato incontrovertibile: i figli hanno spesso un padre diverso da quel che risulta dai documenti, l’infedeltà coniugale è norma da ambo le parti, e davvero i fatti sembrano dar ragione ad Alexandre Dumas (figlio), per il quale «La catena del matrimonio è così pesante che a volte bisogna essere in tre per portarla».
per l’Ufficio Stampa del CeDAC/ Sardegna:
Anna Brotzu – cell. 328.6923069 – cedac.uffstampa@gmail.com
INFO & PREZZI
TEMPIO PAUSANIA
Biglietti:
Platea intero e galleria centrale €15
Platea ridotto e galleria laterale €13
Loggione €6
riduzioni: under 25, over 65
Info: 339.3556695 – imma.serra@tiscali.it
tel. 079 671580 – 079 630377 – infogiovani.tempio@tiscali.it
www.cedacsardegna.it – F teatrodelcarminetempio
LANUSEI
Biglietti:
Platea primi posti € 14 intero – € 12 ridotto
Platea secondi posti € 12 intero – € 9 ridotto
Galleria € 8
info: tel. 338.8727641
annarosapistis@yahoo.it
ORISTANO
Biglietti:
posto unico: intero €14 – ridotto €12
info: cell. 345 1170216 – www.cedacsardegna.it
SAN GAVINO MONREALE
Biglietti:
intero €14 – ridotto €12
info: tel: 3404041567 – www.cedacsardegna.it
SCHEDA DELLO SPETTACOLO
Progetto URT srl
Mandragola
di Niccolò Machiavelli
con (in ordine di apparizione)
Igor Chierici, Jurij Ferrini, Matteo Alì, Michele Schiano di Cola,
Angelo Maria Tronca, Claudia Benzi, Cecilia Zingaro
costumi Nuvia Valestri
luci Lamberto Pirrone
regia Jurij Ferrini
Lo spettacolo (Note di Regia)
Proviamo a fare un salto indietro nel tempo di quasi cinque secoli, ci troviamo nel pieno Rinascimento italiano, un’epoca in cui c’era di che esser fieri del nostro sventurato paese; eppure tra le più autorevoli figure artistiche che hanno lasciato il segno con le loro opere nella storia dell’umanità, da Raffaello al Brunelleschi, da Michelangelo a Leonardo da Vinci, ci si ritrova di fronte, dal punto di vista teatrale, al “caso unico” di un’opera straordinaria della drammaturgia di tutti i tempi, Mandragola di Niccolò Machiavelli. Il mio stupore s’accende già davanti al fatto che un genio come Machiavelli, l’autore de Il principe e delle Istorie fiorentine, uomo politico, grande ed appassionato studioso e scrittore di filosofia, che ha in qualche modo inventato e contestato la “politica moderna” (la diatriba è aperta e non mi sento proprio di chiuderla io)… insomma sembra che questo insigne letterato non abbia mai fatto altro che scriver commedie, data la perfezione assoluta di questa partitura teatrale, un semplice e geniale meccanismo comico, allegorico, satirico e graffiante; e invece, a parte la meno fortunata Clizia, e la riscrittura dell’Andria di Terenzio non si ha notizia di alcuna altra commedia che possa essere a lui attribuita.
Mandragola, ispirata da un motivo erotico-cortese – d’ascendenza medievale e di sapore decameroniano, ossia l’innamoramento da lontano per semplice suggestione durante una disputa sul primato di bellezza “tra le donne italiane e quelle franzesi” – non è solo una perfetta macchina comica ma anche una meravigliosa allegoria sulla “corruzione della logica politica”, allegoria che scambia i vizi della vita pubblica con quelli della vita privata, allargando il suo orizzonte critico anche al clero (infatti non si ricorda spesso che quest’opera è stata messa all’indice dalla chiesa cattolica per più di 400 anni, fino ai primi anni ’50!) e che in quasi cinque secoli di storia – e qui sta il secondo motivo di stupore nel riprenderla in mano oggi – non solo non ha perso mordente sull’attualità, ma al contrario è stata in qualche modo una lucidissima premonizione sui nostri tempi, rivelando la nostra stessa identità di popolo e le radici profonde di un malcostume – ahimé – tutto italiano.
La bellissima lingua musicale, armonica, piena di latinismi e francesismi, con echi dell’accento toscano odierno è assolutamente comprensibile quando viene parlata e quindi ascoltata. E’ invece un testo infernale da leggere, meglio goderselo a teatro. E per noi interpreti presto diventa una lingua che puoi parlare per gioco anche nella vita, diventa una lingua nella quale riusciamo perfino ad improvvisare in scena. E’ stato forse il passaggio più duro del lavoro prendere contatto, memorizzare e fare propria questa straordinaria parlata. Però poi accade che non la scordi mai davvero.
Ma questa commedia è ancora attuale? Ci sono ancora in giro persone semplici come Messer Nicia?
Per approfondire qualche curiosità sulla nostra messinscena, partiamo dalla “storia di corna” con un dato statistico un po’ inquietante: il 15% della popolazione mondiale non possiede il patrimonio genetico del padre che ritiene tale. Ossia circa una persona su sei è figlia di un tradimento, di una corruzione, di una slealtà.
Non appena si solleva il velo sottile che Machiavelli pose sulla sua commedia al fine di non incappare in ulteriori pene (quando la compose era di gia’ in esilio per le sue graffianti opere in materia politica e i sarcastici consigli al Principe) si scorge con una certa chiarezza la perfetta metafora della profonda ignoranza di un intero popolo che non vuole vedere la meschina astuzia dei pochi facoltosi oligarchi che lo governano. I potenti all’epoca erano temibili, condannavano a morte, alle pene corporali, se ne aveva paura. Oggi le cose sono molto cambiate…oggettivamente. Ma io vorrei che voi provaste a guardare Madonna Lucrezia come fosse il nostro bellissimo paese: l’Italia. Callimaco è un appassionato amante che vuole “possederla” con uno strampalato stratagemma, facendosi aiutare da un faccendiere come Ligurio e dal terribile Fra’ Timoteo, sinistra espressione del clero più corrotto…beh’ allora…allora le cose saranno anche cambiate ma lo stesso perfetto ingranaggio comico inizia a trascendere la vicenda dei meschini protagonisti e a parlar direttamente a noi… di noi.
Al di là della facile ironia – facile anche perché arricchita quotidianamente da una cronaca politica che ha ormai sfondato i limiti del tragicomico, dell’assurdo e del paradossale – mi pare d’avere scorto un altro livello che sta sopra (o sotto) i movimenti di tutti questi protagonisti maschili. L’amore è il motore di questa vicenda perché l’amore è istinto vitale all’immortalità (dal latino a-mors, non-morte). L’amore, la pro-creazione (Nicia, ormai anziano, vuole a tutti i costi un figlio) o la creazione, anche artistica, ci danno l’illusione di lasciare qualcosa di nostro su questa terra, quando verrà il momento di lasciarla.
E allora, a ben vedere, questo marito cornuto e felice racconta un po’ tutti noi, nella nostra più intima coglioneria di voler possedere qualcosa per sentirci vivi.
Oggi, più che mai, sono i beni materiali, i soldi, il potere, a darci l’illusione di essere vivi in eterno. Ecco perché abbiamo espresso per tanti anni una intera classe dirigente che necessita di potere, danaro e controllo. La speranza che personalmente vedo in questa commedia, alla fine davvero amara, è la nascita di un bimbo. Forse se tornassimo a pensare a loro, a guardare ancora il mondo con quello sguardo curioso ed innocente, salveremmo almeno la nostra intelligenza e qualcosa di buono potrebbe ancora venire, pensando magari a chi verrà dopo di noi, come facevano un tempo gli statisti e non limitandoci a fottere il più possibile in una sola “legislatura”.
Jurij Ferrini