AnfiteatroSud
S’Accabadora
atto unico liberamente ispirato a “Le Serve” di Jean Genet

con Marta Proietti Orzella e Elisa Pistis

musiche Paolo Fresu
soggetto e regia video Susanna Mameli
produzione videomapping e realtà aumentata Michele Pusceddu e Francesco Diana
scene Susanna Mameli

drammaturgia e regia Susanna Mameli

produzione AnfiteatroSud

spettacolo finalista e vincitore del Premio alla Miglior Drammaturgia
al Roma Fringe Festival 2020

 

LA TRAMA
Siamo nella tana de s’accabadora. La sua serva, mentre sistema e rassetta la stanza, racconta i fatti della padrona. Attraverso il filtro dei pettegolezzi e dell’amore-odio della serva verso la sua padrona, ecco levarsi l’immagine castigata di Antonia, ora come levadora, ora come incantadora e infine accabadora. Levatrice, donna delle medicine, donna che pone fine alle sofferenze dei moribondi, ma anche figura crepuscolare solitaria, sfuggente e schiva. Si sa che da fanciulla fu abbandonata sull’altare sotto lo sguardo armato dei fedeli. Si dice di come i fiori le si appassirono in volto, si racconta di come nessuno osò fermarla e della mano pietosa che fece cigolare la porta della chiesa, consegnandola alla luce divorante del mezzogiorno.
Il cielo bisogna guadagnarselo, e Antonia si fa serva e missionaria degli uomini in terra, affaticandosi a fare quello che nessuno vuole o ha il coraggio e la forza di fare: aiutare a nascere e morire.
La “serva” e la “padrona” si cavano i peccati dall’anima con crudele affetto, uno ad uno, fino a che la serva rivela il gioco orrendo e chiede la Pietà che Antonia ha sempre reso altrove. Ma per Antonia, questa volta, è diverso.
Note – Accabàdora, dalla lingua sarda accabare = finire, terminare, dare fine.

Durata 60 minuti

LO SPETTACOLO
Finalista al concorso Nuove Sensibilità del Festival Teatro Italia di Napoli, “S’Accabadora” nella sua versione integrale si propone per la prima volta al pubblico nello stesso anno e vince il Premio Nazionale Teatro “Lauretta Masiero” per la drammaturgia.
Dopo molti anni l’autrice decide di riprendere questa pièce e trasfigurarla nei colori e nelle immagini, trattando il testo e lo spazio come fossero un caleidoscopio nella memoria della protagonista, utilizzando la multi proiezione e gli effetti straordinari del videomapping e della realtà aumentata, ricostruisce un universo interiore che ingloba e coinvolge lo spettatore facendolo divenire parte del viaggio e dello spettacolo.
In questo lavoro l’autrice Susanna Mameli ha cercato di mettere a fuoco il lato umano e personale di una figura cosi crepuscolare e sfuggente, ma storicamente reale, come quella di sa femmina Accabadora. Così veniva chiamata la donna che in passato, come sostengono anche gli ultimi studi sul tema, si occupava nelle comunità della Sardegna di dare non solo la vita, come levatrice, e il sollievo della guarigione, come donna di medicina popolare, ma anche la “bona morte”, quando ormai la malattia non lasciava via di scampo.
La fautrice tollerata di eutanasia nel passato diventa oggi personaggio di straordinaria attualità per i legami con i dilemmi etici del presente. Così, il testo, liberamente ispirato a Le serve di Jean Genet, con le scene minime ed essenziali, risolve l‘azione teatrale nel rapporto tra Antonia e sua sorella, rispettivamente interpretate da Elisa Pistis e Marta Proietti Orzella. Una relazione che è una finzione nella finzione e che lascia trapelare lentamente la verità atroce sulle loro vite.