Teatro delle ombre turche (Karagöz)
dall’omonima opera di Luis Sepùlveda
con
Poeta Fausto Siddi
Fortunata e Mamma Gabbiana Monica Serra
Zorba e Mattia Roberto Boassa
Diderot, Colonnello, Segretario, Sopravento
e Topi Alessandro Pani
Adattamento teatrale Fabio Sanna
Traduzione in sardo Gianni Mascia
Costruzione dei Karagöz Emin Senyer
Musiche originali Rossella Faa e Mudras
Scene Simone Dulcis
Costumi Simone Dulcis e Marilena Pitturru
Light designer Stefano Delitala
Ideazione e realizzazione disegni Valentina Cabras e Roberta Locci
Direzione tecnica Mauro Piras
Sartoria Carlotta VillaSanta
Ideazione struttura scenica Mauro Piras
Realizzazione struttura Roberto Sanna Valle
Responsabile distribuzione Sonia Soriga
Segretario di produzione Francesco Pisu
Segreteria amministrativa Gianna Veroni
Collaborazioni organizzative Rossana Tuveri, Elisa Zedda, Francesca Saba
Direzione organizzativa e Coordinamento generale: Tullia Agati
Regia Roberta Locci
Riverrun Teatro
Note di regia
La prima volta che ho visto il bellissimo film di Enzo D’Alò tratto dal romanzo di Sepúlveda, ero con mia figlia, la sua reazione è stata meravigliosa.
All’epoca aveva quattro anni e per tutta la settimana seguente fingeva di essere la gabbianella costringendomi a interpretare Zorba. Ho “divorato” il libro e la distanza che mi ha portata al desiderio di realizzare uno spettacolo è stata veramente breve.
Nonostante siano passati tredici anni dall’uscita dell’opera di Sepúlveda, non è mai stata attuale quanto oggi; in un’epoca dove soprattutto i giovani, vagano alla ricerca di punti di riferimento, hanno paura di crescere, sono intolleranti con il “diverso” da sé e forse non credono più nell’amore vero.
Oggi il “non pensare” e il “non vedere” sono gli strumenti migliori del “non agire”, non agire di fronte alle ingiustizie, di fronte ad un problema che non sia il nostro, a volte neppure di fronte a quello, ma soprattutto non agire perché non si crede di poter cambiare il mondo.
Lo spettacolo è costruito proprio sulla possibilità di un cambiamento, sulla consapevolezza che per “volare” basta volerlo e che l’unica arma necessaria è l’amore. Ho scelto di utilizzare il Karagöz, un’antichissima tecnica turca di teatro di figura. Il teatro delle ombre mi ha sempre affascinata e l’ho ritenuto il linguaggio più adatto per la realizzazione di questo lavoro. Sicuramente una strada difficile, soprattutto per gli attori che per mesi hanno studiato e lavorato intensamente.
La magia creata dalle ombre colorate è stata una rivelazione che man mano si è concretizzata nella realizzazione dello spettacolo, facendo di una bellissima storia un’esperienza emotiva profonda, importante e coinvolgente.
Roberta Locci
La storia
Una gabbiana ricoperta di petrolio, conclude stremata il suo volo nel giardino del gatto Zorba e, prima di deporre l’uovo e morire gli fa promettere tre cose: di non mangiare l’uovo, di prendersi cura del pulcino nato e di insegnargli a volare.
Zorba, con l’aiuto dei suoi amici, cova goffamente l’uovo dal quale nasce una bellissima pulcina di nome Fortunata. La piccola gabbiana, cresce circondata dall’affetto e dalle cure della sua nuova famiglia pensando d’essere lei stessa un gatto.
Ben presto capirà di essere “diversa”, di appartenere ad un’altra specie e per questo di dover seguire il suo destino imparando a volare. Ma imparare a volare non è semplice e così dopo i falliti tentativi, Zorba e i suoi amici del porto decidono di infrangere il loro tabù: “miagolare con gli umani” scegliendo un poeta per questo compito.
Tutti insieme, uniti dal desiderio di vedere Fortunata libera nel cielo, tengono fede all’ultima delle promesse fatta a mamma gabbiana.
A volte imparare a volare è un insegnamento che viene da chi meno ti aspetti. “Vola solo chi ha il coraggio di provarci”.