1Sardegna Teatro
Incendi
di Wajdi Mouawad
con Maria Grazia Bodio, Lia Careddu, Corrado Giannetti, Paolo Meloni, Isella Orchis, Marta Proietti Orzella, Cesare Saliu,
Giorgia Senesi, Marco Spiga, Mariagrazia Sughi, Luigi Tontoranelli, Agnese Fois, Leonardo Tomasi
scene Fausto Dappiù
costumi Stefania Grilli
disegno luci Loic François Hamelin
musiche Alessandro Olla
assistente alla regia Rosalba Ziccheddu
regia Guido De Monticelli
Lo spettacolo
Incendi di Wajdi Mouawad, seconda tappa di una tetralogia (o quartetto) dedicata alla memoria (e intitolata “Il sangue delle promesse”) riesce a farci rivivere gli sconvolgenti orrori della guerra in Medioriente con cui abbiamo imparato a convivere, e, insieme, a farci commuovere profondamente e a comunicarci un fortissimo senso della vita, perfino della leggerezza e dell’incanto. Ha dell’epopea, a un tempo antichissima e modernissima, quest’opera, intessuta coi fili del sangue e delle parole che combattono e risanano: un’odissea, che Mouawad affida a due fratelli gemelli, Jeanne e Simon, due giovani d’oggi, che vivono nella stessa città occidentale in cui lui si è trovato a crescere. Il loro sarà un lungo viaggio verso il mistero della loro origine. Tutto nasce dall’apertura del testamento lasciato dalla madre appena morta: un silenzio ostinato ed enigmatico aveva accompagnato la donna nei suoi ultimi anni di vita. In lei era l’indicibile. Ora, a ciascuno dei due giovani, lascia una lettera: destinata l’una al padre che essi credevano morto, l’altra al fratello di cui ignoravano l’esistenza. La vicenda assume il carattere dell’inchiesta, l’inseguimento di un enigma da sciogliere, che porterà i due ragazzi a ripercorrere i sentieri di quel paese lontano, paese di guerre fratricide, sulle orme della madre e di se stessi.
La metafora a teatro è una cosa molto concreta. Come la fantasia di un bambino: un fantasma, un desiderio, è subito presente in carne ed ossa. E così, a rivivere sulla scena, sarà anche lei, la madre, la cui storia si snoderà parallelamente a quella dei figli, man mano che essi ne ripercorreranno le tappe. Straordinario procedimento drammaturgico, che dà luogo, sul palcoscenico, a una contemporaneità, un intreccio, talvolta perfino un’interazione tra i due cammini – quello della madre alla ricerca del suo bambino (brutalmente sottrattole quando aveva quattordici anni) quello dei figli, sulle orme di un padre e di un fratello. Una terribile verità sta alla fine di quel cammino intrecciato e ricco di incontri, tra i dolori di una guerra insensata, che sarà però anche il luogo di una catartica ed emozionante riunificazione.
Da bambino avevo acquisito, per la forza delle cose e delle circostanze, un’estrema conoscenza delle armi da fuoco. Sapevo smontare, lucidare, pulire, rimontare e calibrare un kalashnikov […]. Durante la guerra civile libanese aspettavo con gli amici i miliziani di passaggio per occuparmi delle loro armi e per guadagnarmi qualche soldo; quando mi addormentavo sognavo il giorno ancora lontano in cui avrei avuto un kalashnikov tutto mio e avrei fatto parte di una valorosa milizia che, dopo numerosi massacri, di cui io sarei stato il geniale architetto, mi avrebbe fatto padrone del mio destino […] Ma i miei genitori, che nulla sospettavano, si sono trasferiti in Francia per aspettare la fine di questa guerra che non è mai terminata. Allora, per l’impazienza, ho teso la mano e ho afferrato il primo oggetto che poteva, anche di poco, assomigliare a un kalashnikov, ed era una penna pilote fine V5. Le parole diventavano cartucce; le frasi caricatori; gli attori mitragliatrici, e il teatro giardino. (Wajdi Mouawad, in Les Cahiers du théâtre français, 2008).
L’autore
Wajdi Mouawad
La potente vocazione teatrale di Wajdi Mouawad – drammaturgo, regista, attore, nato in Libano nel 1968 – trova forza e nutrimento lungo le strade del viaggio e dell’esilio. Da Parigi, raggiunta all’età di otto anni con la famiglia in fuga dalla guerra civile libanese, al Quebec, ultima meta, dove approda appena adolescente, a quindici anni. Qui Wajdi intraprende la sua formazione teatrale diplomandosi come attore presso la Scuola Nazionale di Teatro del Canada, fonda la sua compagnia, avvia con le sue opere quel viaggio di ritorno verso la propria origine, in un cammino a ritroso verso quella terra, “cumulo mostruoso di dolore”, nella quale aveva lasciato, dispersa nell’oblio, fin la propria lingua materna.