Sardegna Teatro
in collaborazione con Goldenart Production, La casa delle storie e Rialto Sant’Ambrogio
La paura
di Federico De Roberto
con Daniel Dwerryhouse
adattamento e regia Francesco Bonomo
In alta montagna, in un ambiente inadeguato ad una guerra di trincea, i soldati del plotone al comando del Tenente Alfani sono dislocati sul Forte del Corbin, prossimi alla “porta dell’Inferno”. Essi provengono da tutte le parti d’Italia e parlano dialetti così diversi da creare una lingua polifonica; per la maggior parte sono soldati improvvisati che il protrarsi della belligeranza ha corroso e indebolito. In loro è avvenuta una sorta di osmosi tra paura e rassegnazione divenuta ormai indissolubile.
Il Tenente Alfani gestisce la turnazione degli uomini che devono raggiungere la postazione avanzata: “La piazzola, quantunque lontana soltanto una cinquantina di metri dalla trincea, ne pareva remotissima essendone distaccata del tutto…”. Il suo ruolo di ufficiale gli impone di rispettare e dare l’ordine che condurrà i suoi ragazzi ad una morte ingloriosa e inutile: chiunque di loro si avvia a percorrere quella ‘cinquantina di metri’ viene inesorabilmente ucciso da un’implacabile cecchino nemico. Per il Tenente Alfani, questa fase della guerra non rappresenta una semplice routine: il meccanismo della turnazione, così apparentemente indolore, e scevro da responsabilità individuali e personali, inizia a generare dubbi sulla giustezza degli ordini fino ad incepparsi del tutto quando alla piazzola avanzata deve andare il soldato Morana. Proprio Morana “fregiato da un nastrino azzurro per una medaglia di bronzo guadagnatasi in Libia” e soprannominato l’eroe risponde: “Signor tenente, io non ci vado”. Il Tenente è incolpevole ma si sente tuttavia responsabile, ossessionato dalla colpa di aver mandato a morte i suoi uomini e consapevole dell’ordine di fucilazione che dovrà dare se Morana insistesse nella sua disobbedienza. Alfani allora imbraccia lui stesso un fucile e fa per andare verso la piazzola: vuole redimere Morana sostituendosi a lui. Ma il capoposto glielo impedisce, ricordandogli che il rispetto della gerarchia non tollera simili gesti. Il soldato Morana imbraccia improvvisamente il moschetto, se lo punta al mento e… La paura di cui ci parla De Roberto nel suo racconto del 1921 è una delle tante paure che tessono la memoria del primo conflitto mondiale. I personaggi e la trama de La Paura non sono univoci: la tesi dell’autore resta una delle tante possibili, e l’interpretazione della guerra resta distinta dall’esperienza della guerra. A cento anni di distanza intendiamo raccontare di come la paura di un nemico invisibile a volte dislocato a solo pochi metri di distanza, la regressione dell’uomo provocata dai brutali turni in trincea, i lunghi periodi di inazione, il rumore assordante e incessante dell’artiglieria, l’odore della morte, le condizioni estreme della guerra d’alta montagna, il calpestare i corpi dei caduti stratificatisi all’interno dei camminamenti, divenne nella Grande Guerra dimensione quotidiana.